Testimonianza di Carlo Fumagalli
La mia vita fu sballottata e portata qua e là da ogni vento di dottrina (Efesini 4:14), fino a che incontrai Gesù, la Roccia, la Pietra Angolare (Matteo 21:42; Atti 4:11; Efesini 2:20; 1 Pietro 2:6-7), o meglio, fino a che Gesù, il mio glorioso Signore e Salvatore, trovò me. Ora posso dire con Davide (Salmo 40:2-3): "Egli mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal pantano fangoso; ha fatto posare i miei piedi sulla roccia, ed ha stabilito i miei passi. Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico di lode al nostro Dio".
Nacqui ad Olgiate Molgora (Como) nel 1934. A nove anni entrai nel Seminario Arcivescovile di Milano a Masnago (Varese). Dopo cinque anni mi associai ai Missionari della Consolata di Torino, presso i quali frequentai il ginnasio, liceo, noviziato, due anni di filosofia e quattro di teologia.
Nel Seminario Maggiore della Consolata a Torino (come in ogni altro seminario e collegio cattolico), la filosofia scolastica, strutturata sulla filosofia greco-aristotelica, era un prerequisito alla teologia, e la teologia era un prerequisito per ogni ulteriore grado accademico in S. Scrittura. Come conseguenza, la teologia cattolica è organizzata attorno a una filosofia pagana. La Bibbia, a sua volta, è condizionata e filtrata da una teologia adulterata. Questo approccio alla Bibbia è ovviamente in errore perché la Parola di Dio non può essere legata o condizionata da alcuna filosofia o dottrina umana (Colossesi 2:8; 2 Timoteo 2:9).
Dopo la mia ordinazione sacerdotale, nel 1961, fui destinato a insegnare nel Seminario della Consolata di Bevera (Castello Brianza). Nel 1966, fui nominato direttore spirituale del Seminario; in questa carica rimasi fino al 1968, quando mi fu offerto di andare negli Stati Uniti per ulteriori studi. Prima di varcare l'oceano, andai per alcuni mesi a Londra (Inghilterra), dove aprii un collegio teologico.
Nel settembre del 1969, iniziai a frequentare la facoltà di antropologia dell'Università Statale di New York a Buffalo. Messo a confronto con nuove aree di studio e ricerca (costumi, culture, credenze, organizzazione sociale, e svariati sistemi di economia, politica e religione, archeologia ed evoluzione), mi trovai ben presto con la mente ripiena di nuove questioni e problemi. Studiando vari fenomeni socio-culturali scopersi, fra l'altro, che i sacramenti e la magia hanno sostanzialmente le stesse componenti. Entrambi infatti, usando un rito e una formula, garantiscono un particolare risultato.
Trovando difficile stabilire un fruttuoso dialogo con altri sacerdoti, e per far fronte ai nuovi quesiti che si presentavano alla mia mente, cominciai a ricercare in altre aree. Iniziai così a prendere un corso di "Mind Control". Questo mi aprì la porta sull'affascinante ed inesplorato mondo dell'occulto che, in termini pseudo-scientifici, è oggi chiamato "parapsicologia". Nel frattempo praticavo Yoga, e ricercavo nelle religioni orientali. Nonostante avessi molte riserve in queste aree di ricerca e di studio, speravo di trovare alcune risposte ai molti interrogativi e questioni che assillavano la mia mente. Nel frattempo avevo conseguito due gradi accademici, un B.A. e un M.A., in antropologia, ed avevo sostenuto con successo i difficili ed impegnativi esami per il mio dottorato (P.h.D.), ottenendo anche l'approvazione della mia proposta di ricerca in Africa.
Prima di andare in Africa, passai alcuni mesi in Italia, dove richiesi ai miei Superiori di Roma un periodo di ripensamento, libero dagli obblighi della vita sacerdotale e religiosa. I Superiori Maggiori cercarono di convincermi che la mia era una crisi passeggera e che sarebbe poi ritornato tutto normale. Con questo stato d'animo andai in Africa dove, nel novembre del 1974, iniziai la mia ricerca tra i Samburu del Kenya settentrionale. Il mio intento era quello di condurre una complessa ricerca della cultura, società ed economia dei Samburu, unitamente allo studio della storia ed ecologia del posto, così da poter identificare i fattori critici di cambiamento socio-economico operanti in società tribali, influenzate da governi coloniali e nazionali.
Anche se avevo dure giornate di lavoro, alla sera avevo lunghe ore libere che trascorrevo nella riflessione e meditazione. Lontano da ogni forma di pressione esterna e routine formalizzata, ebbi così tempo per pensare un po’ a me stesso e per dare ascolto alle onde tumultuose ed agitate della mia anima tanto insoddisfatta del tipo di vita che conducevo. Nel mio cuore, sapevo che l'unica decisione onesta alla quale potevo giungere era quella di lasciare il mio istituto e il sacerdozio. A ciò giunsi nella prima parte del 1975. A questo punto, sentii una grande pace crescere in me, ed esperimentai un grande senso di liberazione. Comprendo ora pienamente il significato di quello che mi accadde allora. Ero stato liberato da uno dei più grandi legami e forme di schiavitù esistenti: quello della religione cattolico-romana e della chiesa istituzionalizzata.
Nel febbraio del 1976, al termine della mia ricerca in Africa, ritornai negli Stati Uniti. Libero ora da ogni legame ed obbligo con la Chiesa Cattolica, decisi di fare la mia propria strada, stabilendo con la mia propria mente quello che era giusto o sbagliato, vero o falso. Divenni, in altre parole, un agnostico.
Il mio unico scopo divenne quello di perseguire una carriera come professore universitario. Nel settembre del 1977, ottenni il dottorato (Ph.D.) in antropologia e, nel novembre dello stesso anno, Roma mi rilasciò la dispensa da ogni obbligo sacerdotale.
Nel frattempo, continuai a ricercare specie nell'occulto e nelle religioni orientali. Ma nel mio cuore, c'era un gran vuoto che niente poteva colmare, e nella mia mente c'era una grande sete e fame di verità, amore e giustizia, che niente poteva soddisfare. Mi ero allontanato quasi completamente da ogni forma e pratica religiosa tradizionale. Quotidianamente però leggevo qualche brano dal Nuovo Testamento.
Ai primi di marzo del 1979, iniziai a leggere il libro "The Late Great Planet Earth" di Hal Lindsey (tradotto anche in italiano col titolo: Addio Terra Ultimo Pianeta), un libro che avevo qualche giorno prima comprato "casualmente" in un negozio di Buffalo.
Come di regola, iniziai a leggere il libro con grande scetticismo e con senso molto critico. Dopo alcuni capitoli però mi dovetti fermare perché, per la prima volta in vita, mi trovavo di fronte a un fatto completamente nuovo: "varie profezie, scritte circa 2500-2600 anni fa, stavano ora avverandosi sotto ai miei occhi". Nei lunghi anni di università, avevo imparato che neppure il più grande scienziato del mondo può prevedere con certezza quello che potrebbe accadere all'indomani. Dovetti perciò concludere che la Bibbia deve essere vera e che può solo venire da Dio.
In quello stesso momento, ancora seduto al mio tavolo di studio, fui convinto di essere un peccatore e che, come tale, non ce l'avrei mai fatta a salvarmi con le sole mie forze. Compresi allora, senza alcun'ombra di dubbio che Gesù era morto sulla croce per me, e che l'unica via per essere salvato era quella di chiedere direttamente a Lui di perdonare i miei peccati, e di entrare nel mio cuore come mio Signore e Salvatore. E così feci.
La risposta di Gesù al grido del mio cuore fu istantanea e meravigliosa. In quel momento sperimentai la potenza della grazia divina che mi lavava e purificava da tutti i peccati, sozzure e iniquità. Piangendo di gioia, dovetti inginocchiarmi per gustare la potenza dell'amore e del sacrificio redentivo di Gesù, che aveva salvato un grande peccatore come me. In quel momento ero divenuto "figlio di Dio" (Giovanni 1:11-13), ero "nato nuovamente" nella vita dello Spirito (Giovanni 3:3-7) in forza del "seme incorruttibile della Parola di Dio" (1 Pietro 1:23), avevo ricevuto la "certezza che ero salvato" (Efesini 2:8; Romani 8:16), ed avevo avuto un assaggio dello squisito banchetto spirituale che Gesù ha promesso a tutti quelli che lo ricevono nel loro cuore (Apocalisse 3:20).
Subito dopo questo, la prima domanda che mi venne in mente fu: "La salvezza è così semplice, come mai nessuno me ne ha mai parlato?" Tutti gli anni trascorsi in seminario e come sacerdote, tutti i sacramenti che avevo ricevuto ed amministrato, tutte le messe che avevo celebrato, tutte le confessioni fatte, tutti i sacrifici, opere buone e privazioni sostenute, tutti gli studi e ricerche fatte non erano servite a nulla in ordine alla salvezza. Ma quando, riconoscendomi peccatore e perduto, avevo invocato il nome di Gesù, Egli mi aveva salvato (Atti 2:21). I "veri credenti-salvati" sono coloro che, come "pietre viventi", sono entrati a far parte di "quell'edificio spirituale", il cui "capo e fondamento" è Cristo stesso (1 Pietro 2:5; Efesini 4:15-16; 5:23; Atti 4:11; 1 Pietro 2:6-8). Anche oggi i credenti ripieni di Spirito Santo proclamano l'Evangelo con franchezza (Atti 4:29-31), e nel nome di Gesù cacciano demoni e guariscono infermi (Marco 16:17-18).
Da quel giorno in poi, sentii come un fuoco ardere in me, e il Signore mi diede tale fame e sete per la Sua Parola (che ora sapevo essere l'unica fonte di verità) che la maggior parte del mio tempo da allora in poi andò allo studio della Bibbia.
Iniziai anche a "testimoniare della salvezza" ai miei amici americani e parenti italiani; ma la grande maggioranza di loro non ne vollero sapere. A questo punto compresi che, d'ora in avanti, potevo solo seguire Gesù, ed ubbidire alla Sua Parola. Abbandonai quindi l'idea di perseguire una carriera come professore di università, e decisi che avrei consacrato la mia intera vita al servizio del Signore. Dopo tre mesi circa, in ubbidienza alla Parola, richiesi il battesimo in acqua (Marco 16:15-16).
Il Signore mi battezzò pure con lo Spirito Santo, facendomi toccare con mano che l'esperienza di Pentecoste è sempre attuale anche al giorno d'oggi (Matteo 3:11; Atti 2:1-11; Atti 2:39). Agli inizi del 1981, il Signore mi fece chiaramente intendere che avrei dovuto venire in Italia per portare il Vangelo della Salvezza soprattutto ai cattolici ed ai preti. In ubbidienza alla guida dello Spirito prenotai un volo aereo e, a metà di marzo del 1981 venni in Italia.
Studiando assiduamente la Bibbia mi resi ben presto conto che ero caduto in molte credenze, dottrine e pratiche errate e false perché mancavo di un fondamento solido nella Parola di Dio. In realtà la Chiesa Cattolica usa, manipola e torce la Bibbia come le fa comodo, ma né la crede né la ubbidisce come verità suprema ed infallibile.
Lungo i secoli, infatti, nel campo delle dottrine e pratiche di fede, la Chiesa Cattolica ha tolto e aggiunto alla Parola di Dio come ha voluto. Essa ha così creato un sistema che ha incorporato varie pratiche pagane, come: il culto delle immagini, statue e reliquie, la devozione alla Madonna e ai santi, le preghiere e messe per i defunti, riti, liturgie e benedizioni, la confessione e il sacrificio della messa. Ha inoltre elaborato dottrine e dogmi completamente estranei alla Scrittura; tra questi: cinque dei sette sacramenti, la rigenerazione battesimale dei bambini, la transustanziazione, il purgatorio, le indulgenze, l'Immacolata Concezione, l'Assunzione di Maria, il potere temporale dei papi e della Chiesa, l'infallibilità del papa, il papa come successore di Pietro e come vicario di Cristo, ecc. La Chiesa di Roma ha addirittura radiato un intero comandamento: "Non ti fare scultura alcuna, né immagine alcuna delle cose che sono nei cieli e sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servire loro" (Esodo 20:4-5).
Ognuno dovrebbe leggere con tremore e terrore quello che la Scrittura dice nei riguardi di statue e idoli, e di quelli che li venerano (Esodo 20:3-6; Levitico 26:1; Geremia 10; 51:17-18; Isaia 44:9-20; 46:6-7; Salmo 115:4-8; 135:15-18; Habacuc 2:18-20).
La dottrina e pratica più blasfema della Chiesa Cattolica è quella della transustanziazione e del sacrificio della messa. La transustanziazione (fatta dogma dal concilio Lateranense IV nel 1215, elaborata in seguito da Tommaso d'Aquino e sancita definitivamente dal Concilio di Trento) insegna che: il pane e il vino, al momento della consacrazione vengono dal sacerdote cambiati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo (ogni giorno quindi vengono all'esistenza migliaia e migliaia di nuovi Gesù). La Scrittura insegna che nella cena c'è solo la presenza spirituale di Gesù (Luca 22:19-20; Giovanni 6:63; 1 Corinzi 11:26). Inoltre, nell'adorazione dell'ostia, la Chiesa di Roma adora un dio fatto dalle mani di uomini. Questo è il colmo dell'idolatria, ed è completamente contrario allo spirito del Vangelo che richiede di adorare Dio in spirito e verità (Giovanni 4:23-24).
La Chiesa Cattolica insegna pure che, in ogni messa, il corpo e il sangue di Gesù vengono incruentemente offerti per i peccati del mondo. La Bibbia invece dichiara che Gesù offrì per i peccati un unico sacrificio del suo proprio corpo (Ebrei 7:27; 10:11-14), ed ora non c'è più alcun bisogno di offerta per il peccato (Ebrei 10:18).
Contrariamente alla dottrina cattolica che distingue tra peccati mortali e veniali, la Bibbia insegna che tutti i peccati sono mortali, cioè, meritano la morte. "Il salario del peccato è la morte" (Romani 6:23). "L'anima che pecca morrà" (Ezechiele 18:4). Per nostro amore Gesù, che non aveva mai conosciuto peccato, ha portato alla croce tutti i nostri peccati affinchè in Lui noi potessimo essere giustificati e riconciliati con Dio (2 Corinzi 5:17-21). Come lo fu per Abramo così per ogni uomo peccatore la giustificazione e la remissione dei peccati si ottengono mediante la fede in Gesù (Romani 4:1-25; Salmo 32:1-2).
Nella Chiesa Cattolica si pratica pure la confessione al prete; ma di tutto questo nel Nuovo Testamento non esiste la benchè minima traccia. Il passo biblico: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti" (Giovanni 20:23) trova la sua applicazione e compimento nell'annuncio del Vangelo della Salvezza. Coloro che accettano il Vangelo e credono in Gesù, ricevono nel suo nome la remissione dei peccati (Luca 24:47: Atti 10:42-43; 13:38-39; 26:18).
La Chiesa Cattolica ha anche sepolto la dottrina biblica della salvezza, e l'ha rimpiazzata con un insieme di dottrine, pratiche ed opere buone, che non possono in alcun modo salvare. La Bibbia insegna molto chiaramente che: "Solo Gesù può salvare l'uomo dai suoi peccati" (Matteo 1:21); "Non v'è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale dobbiamo essere salvati" (Atti 4:12). L'apostolo Paolo scriveva agli Efesini (2:8-9): "È per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinchè nessuno si glori". Ed ancora nella lettera a Tito (3:5): "Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatto, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro di rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo".
Il cristiano salvato produce opere buone come, naturalmente, la vite produce uva (Giovanni 15:5). Egli le compie non per essere salvato, ma perché è salvato, ed inserito nella vera vite e dimorante in Gesù (Giovanni 15:1-5).
Come disse Gesù a Nicodemo, per essere salvati, uno ha bisogno di nascere di nuovo alla vita dello Spirito (Giovanni 3:3-7). Questa nuova vita la si può ottenere solo credendo in Gesù: "Chi crede nel Figlio ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere nel Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio resta sopra di lui" (Giovanni 3:36). Come dice il Vangelo di Giovanni: Gesù è la sola via che conduce al Padre (Giovanni 14:6), ed ancora: Gesù è la sola porta delle pecore; è solo entrando attraverso Lui che uno può essere salvato (Giovanni 10:7).
Gesù ci assicura che se costruiamo sulle sue parole, la costruzione reggerà e resisterà a tutte le prove; ma se costruiamo su qualsiasi altro fondamento, tale costruzione cadrà miseramente (Matteo 7:24-27). Gesù è allo stesso tempo la pietra angolare che salva quelli che l'accettano e credono in Lui, ed una pietra d'inciampo per coloro che fondano altrove la loro vita e le loro speranze di salvezza (1 Pietro 2:6-10).
Nell'antico Testamento gli scribi e i farisei (la classe colta e dominante in seno al popolo ebraico), a motivo della tradizione, avevano di fatto annullato la Parola di Dio (Matteo 15:1-9); e, anche se avevano ed usavano il libro della legge, la loro interpretazione ed elaborazione ne aveva alterato e falsato il significato (Geremia 8:8-9). Parimenti nella Chiesa Cattolica, una volta stabilito che la tradizione ha eguale autorità della Bibbia, si sono create le premesse per introdurre ed elaborare dottrine e pratiche che sono in stridente contrasto con la Parola di Dio.
Così, per giustificare e difendere le sue posizioni, la Chiesa Romana si è vista ripetutamente costretta a perseguitare coloro che proclamavano e seguivano la Parola di Dio nella sua purezza ed integrità. Nei secoli scorsi, essa ha usato ogni mezzo e stratagemma per contenere o impedire la diffusione della Bibbia fra il popolo, specie nella lingua volgare.
Ora invece, in seguito alla crescita del livello di cultura e all'impatto sulla grande massa dei vari mezzi di diffusione e comunicazione, la Chiesa Romana ha mutato strategia: essa permette la diffusione della Bibbia, ma continua a riservare a sé l'autorità e il monopolio di interpretarla, tramite il magistero della chiesa e il clero.
Al contrario, la Bibbia insegna che solo lo Spirito Santo può fare intendere la Parola di Dio, e rivelarne l'origine, la natura divina ed il significato (Giovanni 14:26; 16:13-14; 1 Giovanni 2:26; Luca 10:21-22). Inoltre per ben cinque volte lo Spirito Santo mette in guardia dall'aggiungere o togliere alcuna cosa alla Parola di Dio (Deuteronomio 4:2; 12:32; Proverbi 30:5-6; Ecclesiaste 3:14; Apocalisse 22:18-19). La Chiesa Cattolica non ha alcun diritto od autorità di interpretare o manipolare le Scritture. Al contrario, è la Parola di Dio che indica e stabilisce qual’è la vera chiesa di Cristo, e quali sono invece le chiese false ed infedeli. A questo proposito, la Bibbia dichiara che la Chiesa di Roma (Apocalisse 17:9-18) è: "la Grande Meretrice", "Babilonia la Grande", "la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra", con la quale hanno fornicato tutti i re della terra, e del cui vino di fornicazione si sono inebriati tutti gli abitanti della terra (Apocalisse 17:1-2-5). La conseguenza di tutto questo è che i preti, come gli scribi e i farisei di un tempo, chiudono il "Regno dei Cieli" dinanzi alla gente perché nè vi entrano loro, né lasciano entrare quelli che cercano di entrarvi (Matteo 23:13).
Per questo, il Signore invita il "suo popolo" ad uscire dalla Chiesa di Roma, la Babilonia del Nuovo Testamento (Apocalisse 18:4) per non associarsi ai suoi peccati, e per non avere quindi parte ai castighi che l'attendono (Apocalisse 18).
Il termine "chiesa" infatti, dal greco "ecclesìa" significa "i chiamati fuori" dal mondo e da tutti i suoi sistemi e princìpi (Vedi 2 Corinzi 6:14-18). La Chiesa Cattolica, invece, nella sua struttura religioso-politica e nel suo modo di operare rimane chiaramente un sistema di questo mondo; è così destinata, come tutti gli altri regni del mondo ad essere distrutta ed annientata per sempre (Daniele 7:26-27; Apocalisse 18). E quello che Dio ha decretato si compirà (Daniele 11:36). Il Signore dice ancora: "Sono Dio, e nessuno è simile a me; annunzio la fine fin dal principio, e molto tempo prima predico le cose non ancora avvenute; dico: "il mio piano sussisterà, e metterò ad effetto tutta la mia volontà"…Sì, io l'ho detto e lo farò avvenire; ne ho formato il disegno e l'eseguirò (Isaia 46:9-11).
Caro amico, chiunque tu sia ed in qualsiasi condizione ti trovi, se veramente ti sta a cuore "la verità" e "la salvezza dell'anima", cerca la risposta per tutti i tuoi interrogativi, problemi e dubbi ai piedi di Gesù. Egli solo è "la via, la verità e la vita" (Giovanni 14:6). Investiga le Scritture, leggi la Bibbia assiduamente, ed anche tu conoscerai "la verità" e "la verità ti farà libero" (Giovanni 8:31-32). L'ultimo invito contenuto nell'Apocalisse (22:17) è questo: "Chi ha sete venga; chi vuole prenda in dono dell'acqua della vita. Accetta l'invito di Gesù.
Sei tu nato di nuovo? Ricordati, caro amico, che la nuova nascita non avviene col battesimo, o con alcun altro rito o sacramento, ma solo con un'esperienza diretta con Gesù (Giovanni 3). Invita Gesù ad entrare nel tuo cuore ora, senza alcun ritardo.
Secondo la Bibbia, il mondo sta a grandi passi avvicinandosi agli anni più spaventevoli e calamitosi della sua storia. L'unica via per scampare dall'ira e dal giudizio divino su questo mondo peccatore e malvagio (Apocalisse 14:6-9; 16; 19:11-21) e dai tormenti eterni del lago di fuoco (Apocalisse 20:11-15), è quella di accettare Gesù come personale Signore e Salvatore, e di decidere di seguire Lui solo, ubbidendo alla Sua Parola senza riserve e compromessi.
Nacqui nel 1809 e fui battezzato cattolico romano. Nel 1833 fui consacrato sacerdote nel Canadà. Ora ho 74 anni e da quando ho ricevuto la dignità nella Chiesa di Roma sono trascorsi quasi cinquant’anni. Fui sacerdote in quella Chiesa per venticinque anni. Vi dico francamente che amavo la Chiesa di Roma, e questa amava me. Avrei sparso fino all’ultima goccia del mio sangue per la mia Chiesa, ed avrei dato mille volte la mia vita per poter estendere il suo potere e la sua dignità sul continente americano e su tutto il mondo. La mia ambizione era quella di convertire i protestanti e portarli nella Chiesa di Roma, perché mi era stato detto, ed io lo predicavo, che fuori della Chiesa di Roma non vi era salvezza, ed ero addolorato al pensiero che tutte quelle moltitudini di protestanti dovessero essere perdute.
Pochi anni dopo la mia nascita la mia famiglia andò a vivere in un paese dove non vi erano scuole. Così mia madre fu la mia prima maestra e il primo libro sul quale m’insegnò a leggere fu la Bibbia. Quando giunsi all’età di otto o nove anni leggevo con incredibile diletto il Sacro Libro. Il mio cuore era avvinto dalla bellezza della parola di Dio. Mia madre stessa sceglieva i capitoli che desiderava che io leggessi. Era tanta l’attenzione che mettevo nella lettura, che molte volte rifiutavo di andar a giuocare fuori con gli altri bambini, per avere il piacere di leggere il Santo Libro. Alcuni capitoli mi piacevano più degli altri, ed io li imparavo a memoria. Ma dopo la morte di mia madre, la Bibbia sparì da casa, forse per mezzo del prete, che già nel passato aveva tentato di entrarne in possesso. Ebbene, questa Bibbia è la base di tutto quello che è narrato in questa storia. E’ la luce che fu messa nell’anima mia quando ero giovane e, grazie a Dio, quella luce non si è mai spenta. E’ rimasta nel mio cuore. E’ a quella cara Bibbia che, per grazia di Dio, devo oggi l’ineffabile gioia di sentirmi fra i redenti, fra coloro che hanno ricevuto la luce, e si dissetano alla pura fonte della verità.
Forse sarete propensi a dire: "Ma i sacerdoti cattolici romani non permettono ai fedeli di leggere la Bibbia?". Si, e ringrazio Dio che sia così. E’ un fatto che oggi in quasi tutto il mondo, la Chiesa Romana accorda il permesso di leggere la Bibbia, e la troverete nelle case dei cattolici romani.
Ma dicendo questo, dobbiamo anche dire tutta la verità. Quando il sacerdote mette la Bibbia nelle mani dei suoi fedeli, o quando un prete riceve la Bibbia dalla sua Chiesa, vi è una condizione: il sacerdote e i fedeli possono leggere la Bibbia, ma non devono mai, in nessuna circostanza, interpretare una singola parola secondo la loro coscienza o la loro intelligenza, o secondo il loro proprio modo di vedere.
Quando fui consacrato giurai che avrei interpretato le Scritture soltanto secondo il consenso unanime dei Santi Padri.
Amici, andate oggi dal cattolico romano e domandategli se gli è stato dato il permesso di leggere la Bibbia. Egli vi dirà: "Si, la posso leggere". Ma chiedetegli: "Avete il permesso d’interpretarla?". Egli vi risponderà: "No". Il sacerdote dirà certamente ai fedeli, e la Chiesa dirà certamente al sacerdote, che essi non possono interpretare una sola parola della Bibbia secondo la loro intelligenza e secondo la loro coscienza, e che è un grave peccato assumersene la interpretazione, sia pure di una sola parola. In effetto il sacerdote dice ai fedeli: "Se cercate di interpretare la Bibbia secondo il vostro intendimento siete perduti. E’ un libro molto pericoloso. Potete leggerlo, ma è meglio non farlo, perché non lo potete capire".
Qual’è il risultato di questo insegnamento? Esso è che, mentre fedeli e sacerdoti hanno in mano la Bibbia, essi non la leggono. Leggereste un libro se foste convinti di non poterne capire neppure una parola? Sareste così sciocchi da sciupare il tempo a leggere un libro di cui non potete comprendere neppure una riga? Allora, amici miei, questa è la verità sulla Chiesa di Roma. Troveremo Bibbie sul tavolo dei sacerdoti e dei laici cattolici, ma fra diecimila preti non ve ne sono due che leggano la Bibbia dal principio alla fine, e che la prendano in considerazione.
La voce misteriosa
Nella Chiesa Romana la Bibbia è un libro sigillato. Però non fu così per me. Lo trovai prezioso per il mio cuore quando ero un ragazzino, e quando diventai sacerdote di Roma lo leggevo perché mi fortificasse e mi rendesse capace di discutere per la mia Chiesa.
Il mio grande scopo era quello di confondere i ministri protestanti d’America. Mi procurai una copia dei "Santi Padri" e li studiai giorno e notte, insieme alle Sacre Scritture, per prepararmi alla grande battaglia che volevo combattere contro i protestanti.
Ma, benedetto sia Iddio, ogni volta che leggevo la Bibbia una voce misteriosa mi diceva: "Non vedi che nella Chiesa di Roma non segui gli insegnamenti della Parola di Dio, ma soltanto le tradizioni degli uomini?". Nelle ore silenziose della notte, quando udivo quella voce, piangevo e lacrimavo, ma la voce si ripeteva con la forza del tuono. Volevo vivere e morire nella santa Chiesa Cattolica Romana e pregavo Dio di far tacere quella voce, ma la sentivo sempre più forte.
Quando leggevo la sua Parola, Egli cercava di spezzare le mie catene, ma io non volevo spezzarle. Egli veniva a me con la sua luce salutare, ma io non la volevo.
Non nutro alcun cattivo sentimento contro i sacerdoti cattolici romani. Alcuni di voi possono credere il contrario. Vi sbagliate. Talvolta piango per loro, perché so che i poveretti, proprio come facevo io, combattono contro il Signore, e sono infelici come lo ero io allora. Se vi narro una delle lotte delle quali parlo, comprenderete ciò che vuol dire essere sacerdoti cattolici romani e pregherete per loro.
La predica sulla Madonna
A Montreal vi è una magnifica cattedrale capace di contenere quindicimila persone. Vi predicavo molto spesso. Un giorno il Vescovo mi chiese di parlare sulla Vergine Maria, ed io ne fui molto contento.
Dissi a quella gente ciò che allora credevo fosse la verità, e ciò che i sacerdoti predicano ovunque. Ecco il sermone che pronunciai:
"Cari amici, quando un uomo si è ribellato al suo re, quando egli ha commesso un grave delitto contro l’imperatore, andrà egli stesso a parlare a lui? Se egli ha da chiedere una grazia al suo re, oserà egli, nella sua condizione, comparire di persona alla sua presenza? No, il re lo rimproverebbe e lo punirebbe. Allora cosa farà? Invece di andare di persona, sceglierà uno degli amici del re, uno dei suoi ufficiali, talvolta la sorella o la madre del re, e metterà la sua supplica nelle loro mani. Essi andranno e parleranno in favore del colpevole. Chiederanno il suo perdono, calmeranno la sua ira, e spesso il re accorderà a questa gente la grazia che avrebbe rifiutato al colpevole".
"Ora - dissi - noi siamo tutti peccatori, tutti abbiamo offeso il Re grande e potente, il Re dei re. Abbiamo inalberato la bandiera dei ribelli contro lui. Abbiamo calpestato le sue leggi, e certamente egli è adirato con noi. Cosa possiamo fare oggi? Possiamo andare a lui con le mani piene delle nostre iniquità? No. Ma grazie a Dio abbiamo Maria, la madre di Gesù, nostro Re, che sta alla sua destra. Siccome un figlio rispettoso non rifiuta mai un favore ad una madre diletta, così Gesù non rifiuterà mai una grazia a Maria. Egli non ha mai rifiutato nessuna supplica presentatagli da lei mentre era sulla terra. Qual’è il figlio che vorrebbe spezzare il cuore di una madre amorevole, quando potrebbe rallegrarla accordandole quello che desidera? Ebbene, io dico che Gesù, il Re dei re, non è soltanto il Figlio di Dio, ma è anche il Figlio di Maria e ama sua Madre. E siccome non ha mai rifiutato nessuna richiesta di Maria quando era sulla terra, Egli non le rifiuterà nessuna grazia oggi. Cosa dobbiamo fare allora? Oh! non possiamo presentarci davanti al gran Re, coperti come siamo delle nostre iniquità. Presentiamo le nostre richieste alla sua santa Madre; ella andrà ai piedi di Gesù; andrà lei stessa a Gesù, suo Dio, suo Figlio, e certamente riceverà le grazie che ella domanderà, chiederà il nostro perdono e l’otterrà, ella chiederà un posto nel Regno di Cristo, e voi l’otterrete. Ella chiederà a Gesù di dimenticare le vostre iniquità, di accordarvi il vero pentimento, ed Egli vi darà qualsiasi cosa che sua Madre gli avrà chiesto".
I miei uditori furono così felici all’idea di avere un simile avvocato ai piedi di Gesù, che intercede per loro giorno e notte, che si commossero fino alle lacrime.
A quel tempo pensavo che questa non solo era la religione di Cristo, ma che era la religione del buon senso, e che non si poteva dire niente contro di essa. Dopo il sermone, il Vescovo venne da me e mi benedisse e mi ringraziò dicendomi che il sermone avrebbe fatto un gran bene a Montreal.
La voce di tuono nella notte
Quella notte m’inginocchiai e presi la mia Bibbia. Il mio cuore era pieno di gioia perché quella mattina avevo fatto un buon sermone.
Apersi il Libro e lessi in Matteo cap. 12:46 le seguenti parole:
"Mentre Gesù parlava ancora alle turbe, ecco sua madre e i suoi fratelli che, fermatisi di fuori, cercavano di parlargli. E uno gli disse: Ecco, tua madre e i tuoi fratelli son là fuori che cercano di parlarti. Ma egli, rispondendo, disse a colui che gli parlava: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? E, stendendo la mano sui suoi discepoli, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e sorella e madre".
Quando ebbi letto queste parole sentii in me una voce che mi parlava, ed era terribile, più di quella di un gran tuono, e mi diceva: "Chiniquy, questa mattina hai predicato una menzogna quando hai detto che Maria ha sempre ricevuto le grazie che ella ha chiesto a Gesù. Non vedi che in questo passo Maria viene a chiedere un favore, chiede cioè di vedere suo Figlio, perché egli l’aveva lasciata per molti mesi per predicare il Vangelo, ed essa si era sentita sola? Quando Maria ebbe raggiunto il posto dove Gesù stava predicando, il luogo era così affollato che ella non potè entrare. Cosa farà? Farà ciò che qualunque madre avrebbe fatto al suo posto. Alzerà la voce e gli chiederà di venire a vederla. Ma mentre Gesù ode la voce della madre e la vede con i suoi occhi divini, esaudisce la sua richiesta? No. Egli chiude gli orecchi alla sua voce e indurisce il cuore contro la sua preghiera. E’ un rimprovero pubblico, ed ella lo sente profondamente. La gente è stupita, meravigliata, quasi scandalizzata. Si rivolgono a Cristo e gli dicono: "Perché non vai a parlare a tua madre?". Egli non dà altra risposta che questa: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" e, guardando i suoi discepoli, Egli dice: "Ecco mia madre, ecco i miei fratelli, e le mie sorelle". In quanto a Maria è lasciata sola ed è pubblicamente rimproverata".
La voce mi parlò allora di nuovo con la potenza di un tuono, e mi disse di leggere in Marco cap. 3:31. Troverete lo stesso incidente raccontato tanto in Marco che in Luca 8:19. Invece d’esaudire la sua richiesta, Gesù risponde in modo tale da riprendere pubblicamente sua madre.
Allora la voce mi parlò con potenza spaventosa, dicendomi che finchè fu un piccolo fanciullo Gesù obbedì a Giuseppe e a sua madre, ma appena si presentò al mondo come Figlio di Dio, come il Salvatore del mondo, come la gran luce dell’umanità, Maria doveva scomparire. E’ solo a Gesù che gli occhi del mondo devono rivolgersi per avere luce e vita.
Allora, amici miei, la voce mi parlò tutta la notte: "Chiniquy, Chiniquy, tu hai detto una menzogna questa mattina, tu hai predicato una serie di falsità e di sciocchezze".
Io piansi e pregai, ma quella fu una notte insonne.
Il Vescovo tremante
La mattina seguente andai a mangiare dal mio superiore che mi aveva invitato a colazione.
Egli mi disse: "Rev. Chiniquy, avete l’aria di uno che abbia trascorso la notte in lacrime. Cosa avete?"
Io dissi: "Avete ragione. Eminenza, sono afflitto oltre misura".
"Che cosa c’è?" mi chiese.
"Oh, non posso dirvelo qui - gli dissi.-
Vorreste concedermi un colloquio privato? Vi dirò un mistero che vi metterà nell’imbarazzo".
Dopo colazione uscii con lui e dissi:
"Ieri mi faceste un gran complimento per il sermone nel quale provavo che Gesù aveva sempre esaudito le richieste fattegli da sua madre. Ma, Eminenza, questa notte udii una voce più forte della vostra, e il mio tormento è questo: io credo che quella voce fosse la voce di Dio. Essa mi ha detto che noi, cattolici romani, sacerdoti e vescovi, predichiamo una falsità ogni qualvolta diciamo alla gente che Maria ha sempre il potere di ricevere dalle mani di Gesù le grazie che ella gli domanda. Questa è una menzogna, Eminenza, questo, temo, è un errore diabolico e dannoso".
Il Vescovo allora mi disse: "Rev. Chiniquy, che intendete? Siete forse protestante?".
"No - dissi - non sono protestante". (Molte volte ero stato chiamato protestante, perché amavo la Bibbia). "Ma dico apertamente che temo di aver predicato una menzogna e che, Eminenza, ne predicherete una anche voi la prossima volta che direte che dobbiamo invocare Maria, sotto il pretesto che Gesù non ha mai ricusato nessuna grazia a sua Madre. Questo è falso".
Il Vescovo disse: "Rev. Chiniquy, voi andate troppo lontano!".
"No, Eminenza, non serve discutere. Ecco il Vangelo: leggetelo!".
Misi il Vangelo nelle mani del Vescovo, ed egli lesse con i suoi propri occhi ciò che avevo già citato. Ebbi l’impressione che egli leggesse quelle parole per la prima volta. Il pover’uomo fu tanto sorpreso che rimase muto e tremante. Finalmente mi domandò: "Cosa significa questo?".
"Ebbene - dissi - questo è il Vangelo; vedete che qui Maria è venuta a chiedere una grazia a Gesù Cristo, ed Egli non solo l’ha rimproverata, ma si è rifiutato di considerare Maria come sua madre. Egli fece questo pubblicamente, affinchè potessimo conoscere che Maria è la madre di Gesù come uomo; e non di Gesù come Dio".
Il Vescovo era fuori di sé. Non potè rispondermi.
Allora gli chiesi se mi permetteva di fargli alcune domande. Dissi: "Eminenza, chi è che ha salvato voi e me sulla croce?".
Egli rispose: "Gesù Cristo".
"Chi pagò i vostri debiti e i miei spargendo il suo sangue, fu Maria o Gesù?".
Egli disse: "Gesù Cristo".
"Ebbene, Eminenza, quando Gesù e Maria erano sulla terra, chi amava di più i peccatori, Gesù o Maria?".
Di nuovo egli rispose che era Gesù.
"Andò mai nessun peccatore da Maria per essere salvato mentre lei era in vita?".
"No".
"Ricordate che qualche peccatore sia andato a Gesù per essere salvato?".
"Si, molti".
"Sono stati rimproverati?".
"Mai".
"Ricordate che Gesù abbia mai detto ai peccatori: - Andate a Maria ed ella vi salverà?".
"No" rispose.
"Ricordate che Gesù abbia detto ai poveri peccatori: - Venite a me?".
"Si, Egli l’ha detto".
"Ha Egli mai ritrattato queste parole?".
"No".
"Chi era allora più potente per salvare i peccatori?" chiesi.
"Oh! fu Gesù!".
"Ora, Eminenza, da quando Gesù e Maria sono in cielo, potete dimostrarmi, con le Scritture, che Gesù abbia perduto qualche cosa del suo desiderio e della sua potenza di salvare i peccatori, o che Egli abbia trasferito questo potere a Maria?".
E il Vescovo rispose: "No".
"Allora, Eminenza, - chiesi - perché non andiamo a Lui, e soltanto a Lui? Perché invitate i poveri peccatori ad andare a Maria, quando, per la vostra propria confessione, ella è niente, comparata a Gesù, in potenza, in grazia, in amore e in pietà per i peccatori?".
Allora il povero Vescovo prese l’aspetto di un condannato a morte. Tremava davanti a me, e siccome non poteva rispondermi disse che aveva da fare, e mi lasciò. La "verità" era che non poteva rispondermi.
L’atto di sottomissione
Ma io non ero ancora convertito. Vi erano molti legami che mi tenevano attaccato ai piedi del Papa.
In quei giorni però, benchè fossi turbato, non avevo perduto il mio zelo per la Chiesa. I vescovi mi avevano dato un gran potere ed una grande autorità. Il Papa mi aveva innalzato al di sopra di molti altri sacerdoti, ed io nutrivo la speranza, insieme a tanti altri che, a poco a poco, avremmo potuto riformare la Chiesa in molte cose.
Nel 1851 andai nell’Illinois per fondare una colonia francese. Presi con me circa 15.000 franco-canadesi, e mi stabilii nelle magnifiche praterie dell’Illinois, prendendone possesso in nome della Chiesa di Roma. Dopo che ebbi cominciato la mia grande opera di colonizzazione diventai ricco. Comperai molte Bibbie, e ne diedi una a quasi ogni famiglia.
Il Vescovo fu molto adirato con me per questo, ma io non me ne curai. Non avevo nessuna idea di rinunziare alla Chiesa di Roma, ma volevo guidare la mia gente meglio che potevo nelle vie nelle quali Cristo voleva che la conducessi.
Il Vescovo di Chicago fece in quel tempo una cosa che, noi francesi, non potemmo tollerare. Era un gran delitto. Ne scrissi al Papa, e lo feci dimettere. Fu mandato un altro Vescovo al suo posto, che delegò il suo Gran Vicario a visitarmi.
Il Gran Vicario mi disse: "Rev. Chiniquy, siamo stati molto contenti che abbiate fatto dimettere il Vescovo precedente, perché era un uomo cattivo, ma in molti luoghi si sospetta che voi non apparteniate più alla Chiesa di Roma. Si sospetta che siate eretico e protestante. Non vorreste darci un documento col quale possiamo provare a tutti che, voi e la vostra gente, siete ancora buoni cattolici romani?".
Io dissi: "Non ho nessuna difficoltà".
Egli aggiunse: "Il nuovo Vescovo, autorizzato dal Papa, desidera di avere questo documento da voi".
Presi allora un foglio di carta. Mi sembrò che quella fosse una bella occasione per far tacere la voce che mi parlava giorno e notte, e che turbava la mia fede. Volevo persuadermi con questo mezzo che nella Chiesa Cattolica Romana noi seguivamo veramente la Parola di Dio, e non soltanto la tradizione degli uomini.
Misi giù queste parole:
"Eminenza, noi, franco-canadesi della colonia dell’Illinois, vogliamo vivere nella santa Chiesa Apostolica Romana, fuori della quale non vi è salvezza, e per dare prova di questo a V. E. promettiamo di obbedire alla Vostra autorità, secondo la Parola di Dio, come la troviamo nel Vangelo di Cristo".
Firmai la dichiarazione e la passai alla mia gente, perché la firmasse, e poi la consegnai al Gran Vicario chiedendogli cosa ne pensasse. Mi assicurò che il Vescovo l’avrebbe accettata, e tutto sarebbe andato bene.
Quando il Vescovo ebbe letto l’atto di sottomissione anch’egli lo trovò giusto, e con lacrime di gioia disse: "Sono lieto che abbiate fatto il vostro atto di sottomissione, perché temevamo che voi e la vostra gente diventaste protestanti".
Amici miei, per mostrarvi la mia cecità, devo confessare, a mia vergogna, che ero contento di aver fatto pace col Vescovo, cioè con un uomo, quando non ero ancora in pace con Dio. Il Vescovo mi dette una "lettera di pace", nella quale egli dichiarava che io ero uno dei suoi migliori sacerdoti, e tornai dai miei coloni con la decisione di restare con loro.
La "lettera di pace" distrutta
Il Vescovo, dopo la mia partenza, andò al telegrafo e comunicò con telegramma il mio atto di sottomissione agli altri vescovi, chiedendo cosa ne pensassero. Lo stesso giorno risposero unanimi: "Non vedete che Chiniquy è un protestante mascherato? Non è a voi che egli si sottomette, egli si sottomette alla Parola di Dio. Se non distruggete quell’atto di sottomissione siete voi stesso un protestante".
Dieci giorni dopo ricevetti un invito dal Vescovo. Andai da lui, ed egli mi chiese di mostrargli quella "lettera di pace" che mi aveva consegnata. Gliela mostrai. La prese, e quando vide che era proprio la lettera che voleva, corse al caminetto e la gettò nel fuoco. Rimasi stupito. Cercai di salvare la lettera dalle fiamme, ma era troppo tardi. Era distrutta.
Mi volsi allora al Vescovo e gli dissi: "Eminenza, come avete osato di strapparmi dalle mani un documento che mi appartiene, e distruggerlo senza il mio consenso?".
Egli rispose: "Rev. Chiniquy, io sono il vostro superiore e non ho da rendere conto a voi di quel che faccio".
"Veramente siete il mio superiore, Eminenza, ed io non sono che un povero sacerdote, ma c’è un Dio grande, che è molto al di sopra di voi e di me, e questo Dio mi ha concesso dei diritti ai quali non rinunzierò mai per compiacere a qualsiasi uomo. Alla presenza di quel Dio protesto contro la vostra cattiveria".
"Ebbene - egli disse - siete venuto qui per farmi un rimprovero?".
Risposi: "No, Eminenza, ma io vorrei sapere se mi avete fatto venire qui per insultarmi".
"Rev. Chiniquy - egli disse - vi ho fatto venire qui perché mi avete dato un documento che non era un atto di sottomissione, lo sapete bene".
Allora io risposi: "Quale atto di sottomissione richiedete da me?".
Egli disse: "Dovete cominciare col togliervi queste parole: "secondo la Parola di Dio, come la troviamo nel Vangelo di Cristo", e dire invece semplicemente che promettete di obbedire alla mia volontà, incondizionatamente, e che promettete di fare tutto quello che vi dirò".
La rottura
Allora mi alzai in piedi e dissi: "Eminenza, voi non chiedete da me un atto di sottomissione, ma un atto di adorazione, ed io ve lo rifiuto".
"Ebbene - egli disse - se non potete fare questo atto di sottomissione, non potete più essere un sacerdote Cattolico Romano".
Levai allora le mani a Dio e dissi: "Possa l’Onnipotente Iddio essere benedetto in eterno". Presi il cappello e lasciai il Vescovo.
Andai all’albergo dove avevo fissato una camera e mi chiusi dentro.
Caddi in ginocchio per esaminare, alla presenza di Dio, quello che avevo fatto. Vidi allora, per la prima volta, che la Chiesa di Roma non poteva essere la Chiesa di Cristo. Vidi che non potevo rimanere in essa, se non rinunziando alla Parola di Dio in un documento formale. Vidi che avevo fatto bene a rinunziare alla Chiesa di Roma. Ma, amici cari, quale nube nera mi avvolse! Nelle mie tenebre gridai: Dio mio, Dio mio, perché mai l’anima mia è così circondata da questa oscura nube?
Piangendo, gridai a Dio che mi mostrasse la via, ma per un certo tempo non mi fu concessa nessuna risposta. Avevo rinunziato alla Chiesa di Roma, avevo rinunziato al mio ufficio, agli onori, ai miei fratelli e alle mie sorelle, a tutto ciò che mi era caro! Vidi che il Papa, i vescovi e i sacerdoti mi avrebbero attaccato con la stampa e dal pulpito. Vidi che avrebbero spazzato via il mio cuore, il mio nome, forse la mia vita. Vidi che era cominciata una guerra a morte tra me e la Chiesa di Roma, e cercai di vedere se mi restavano degli amici per aiutarmi nella battaglia, ma neppure uno ne restò. Vidi che persino i miei più cari amici erano costretti a maledirmi e a considerarmi un infame traditore. Vidi che la mia gente mi avrebbe respinto e che il mio amato paese, dove avevo tanti amici, mi avrebbe maledetto, insomma ebbi la percezione che sarei divenuto un oggetto di orrore nel mondo.
Cercai di ricordare se avessi amici tra i protestanti, ma siccome avevo predicato e scritto contro di loro tutta la mia vita, non ne avevo tra di loro neppure uno. Ero solo a combattere la battaglia. Mi sembrava impossibile di poter uscire da quella stanza per entrare in un mondo freddo, dove non avrei trovato una mano tesa che stringesse la mia, o un volto sorridente che mi guardasse. Avrei trovato soltanto coloro che mi consideravano un traditore.
La luce celeste
Mi sembrava che Dio fosse lontano, invece Egli era molto vicino. Ad un tratto mi si affacciò alla mente questo pensiero: "Hai il tuo Vangelo, leggilo e troverai la luce. In ginocchio, con mano tremante, aprii il libro. Io l’aprii materialmente, ma Dio mi guidò: infatti il mio sguardo cadde sulla prima Epistola ai Corinti, al capitolo 7, versetto 23: "Voi siete stati riscattati a prezzo; non diventate schiavi degli uomini".
Con queste parole ebbi luce, e per la prima volta vidi il gran mistero della salvezza, così come può vederlo l’uomo. Dissi a me stesso: "Gesù mi ha comperato, e se Gesù mi ha comperato, Egli mi ha salvato. Gesù è il mio Dio!". Tutte le opere di Dio sono perfette! Sono allora perfettamente salvato. Gesù non poteva salvarmi a metà. Sono salvato per il sangue dell’Agnello, sono salvato per la morte di Gesù! Queste parole erano per me così dolci che sentivo una gioia ineffabile, come se la fonte della vita fosse aperta, e torrenti di luce nuova si riversassero nella mia anima. Mi dissi: "Non sono salvato, come credevo, per essere andato a Maria, non sono salvato per mezzo del purgatorio o per mezzo delle indulgenze, delle confessioni o delle penitenze. Sono salvato solo per Gesù!".
Tutte le false dottrine si dileguarono dalla mia mente, caddero come cade una torre colpita alla base. Sentivo una gran gioia, una gran pace, e mi pareva che gli angeli di Dio potessero essere così felici come ero io. Il sangue dell’Agnello scorreva sulla mia povera anima peccatrice. Con un gran grido di gioia esclamai: "Oh! Gesù, lo sento, lo so, Tu mi hai salvato! Oh! "Dono" di Dio, Ti accetto! Prendi il mio cuore e fallo Tuo per sempre. Dimora in me e rendimi puro e forte, dimora in me per essere sul mio cammino, per essere la mia luce, la mia vita; concedimi di dimorare con Te, ora ed in eterno! Però, caro Gesù, non salvare me soltanto; salva la mia gente; concedimi di mostrare anche a loro il dono! Oh! che essi possano accettare Te e sentirsi ricchi e felici come ora lo sono io".
Fu così che trovai la luce e il gran mistero della nostra salvezza, che è così semplice. bello, sublime, e grande. Ero ricco con quel dono. La salvezza, amici miei, è un dono; voi non avete niente da fare, ma dovete solo accettarlo, amarlo e amare il Donatore.
Migliaia di credenti
Arrivai nella mia colonia un sabato mattina. La gente era estremamente eccitata, e corse verso di me e mi chiese notizie. Quando tutti furono riuniti in chiesa, parlai loro del dono. Mostrai loro quello che Dio mi aveva fatto vedere, il dono del Figlio suo, il perdono dei miei peccati per mezzo di Gesù e il dono della vita eterna. Poi, non sapendo se avrebbero ricevuto o no il dono, dissi loro: "E’ tempo che io mi separi da voi, amici miei. Ho lasciato la Chiesa di Roma per sempre. Ho preso il dono di Cristo. Ho troppo rispetto per voi per impormi a voi. Se credete che sia meglio per voi seguire il Papa piuttosto che Cristo, invocare il nome di Maria piuttosto che quello di Gesù per essere salvati, alzatevi in piedi".
Con mia grande sorpresa tutti rimasero al loro posto. La chiesa risuonava di pianti e singhiozzi. Credevo che qualcuno di loro mi avrebbe detto di andarmene, ma nessuno lo fece. E mentre aspettavo, vidi che si operava un cambiamento, un meraviglioso cambiamento, che non può essere spiegato a parole.
Dissi loro con un grido di gioia: "L’Onnipotente Iddio, che mi ha salvato ieri, può salvare oggi voi. Attraverserete con me il Mar Rosso per andare nella Terra Promessa. Accetterete con me il gran dono, sarete ricchi e felici con quel dono. Vi presento questa cosa in un altro modo: Se credete che sia meglio per voi seguire Cristo piuttosto che il Papa, se credete che sia meglio invocare soltanto il nome di Gesù piuttosto che quello di Maria, che sia meglio confidare nel sangue dell’Agnello sparso sulla croce per i nostri peccati piuttosto che nel falso purgatorio di Roma, per essere salvati dopo la nostra morte, e se credete che sia meglio che io vi predichi l’Evangelo di Cristo piuttosto che un sacerdote vi predichi le dottrine di Roma, ditemelo alzandovi in piedi: io sono l’uomo che fa per voi!".
Allora tutti, senza eccezione, si alzarono e, con le lacrime agli occhi, mi pregarono di rimanere.
Il dono, il grande ineffabile dono, era per la prima volta apparso ai loro occhi in tutta la sua bellezza: l’avevano trovato prezioso, l’avevano accettato. Le parole non possono esprimere la gioia di quella gente. Come me, si sentivano ricchi e felici per quel dono. I nomi di un migliaio di anime, credo, furono quel giorno scritti nel libro della vita.
Sei mesi dopo eravamo duemila convertiti, un anno dopo eravamo circa quattromila. Ed ora siamo in quasi venticinquemila che abbiamo lavato e imbiancato le nostre vesti nel sangue dell’Agnello.
La notizia che il Padre Chiniquy, il sacerdote più apprezzato e conosciuto nel Canadà, aveva lasciato la Chiesa di Roma alla testa di una nobile schiera di uomini, si sparse rapidamente in tutta l’America, in Francia, in Inghilterra. Dovunque arrivava la notizia il nome di Gesù era benedetto, e spero che anche voi benedirete con me oggi il Salvatore misericordioso, poiché è mio privilegio l’avervi detto quello che Egli ha fatto per l’anima mia.
Pregate per i Cattolici Romani d’America e di ogni paese, affinchè io possa essere lo strumento della grazia di Dio per loro, perché essi possano ricevere con voi l’ineffabile dono, possano amare e glorificare il dono
durante il tempo del nostro pellegrinaggio quaggiù e per tutta l’eternità. Amen
Ai Cattolici romani viene detto che con le preghiere, le elemosine, le indulgenze, le opere buone e soprattutto con la messa essi concorrono a pagare i debiti che le anime dei defunti devono espiare in purgatorio. Il frutto di queste opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il nome di suffragio, perché suffraga, cioè allieva le pene delle anime del Purgatorio e ne affretta la liberazione’.
Questo suffragio è molto sentito dai Cattolici romani soprattutto il 2 Novembre che è la festa dei morti; una festa che ha mille anni essendo stata istituita nel 998 da Odilone abate di Clunì il quale si contraddistingueva per il suo zelo nel pregare per le anime del purgatorio.
Il cosiddetto suffragio è una impostura in quanto non esiste il purgatorio (esistono infatti solo due luoghi nell’aldilà dove vanno le anime dei morti, che sono l’inferno e il paradiso, a secondo che sono perduti o salvati), ma nello stesso tempo è fonte di denaro per i preti e la curia romana in genere.
Per farvi capire a che punto sono arrivati taluni preti di questa chiesa chiamata falsamente cristiana pur di fare pagare le messe ai loro parrocchiani voglio ora trascrivere l’eloquente testimonianza di un nostro fratello di nome Chiniquy morto un secolo fa circa, che prima di convertirsi era stato per lunghi anni sacerdote della chiesa cattolica romana.
Ecco le sue parole: ‘Alle quattro circa della mattina delle grida pervennero al mio orecchio. Riconobbi la voce di mia madre. ‘Che cosa è successo cara mamma? ‘Oh, mio piccolo bambino, tu non hai più un padre! Egli è morto! Dicendo queste parole ella perse coscienza e cadde sul pavimento! Mentre un amico che aveva passato la notte con noi le diede la conveniente attenzione, io mi affrettai al letto di mio padre. Lo strinsi al mio cuore, lo baciai, lo coprii con le mie lacrime, mossi la sua testa, gli strinsi le mani, cercai di sollevarlo sul suo cuscino: non potevo credere che egli era morto (…) Mi inginocchiai a pregare Dio per la vita di mio padre. Ma le mie lacrime e le mie grida furono inutili. ‘Egli era morto!’ Era già freddo come il ghiaccio! Due giorni dopo che egli fu seppellito mia madre era così oppressa dal dolore che non poté seguire la processione funeraria. Io rimasi con lei come il suo unico aiuto terreno. Povera mamma! (…) Nonostante fossi allora molto giovane, io potevo capire la grandezza della nostra perdita, e mescolai le mie lacrime con quelle di mia madre. Quale penna può descrivere che cosa avviene nel cuore di una donna quando Dio le toglie improvvisamente via il marito nel fiore della sua vita, e la lascia sola, immersa nella miseria, con tre piccoli bambini di cui due sono persino troppo piccoli per conoscere la loro perdita! Come sono lunghe le ore del giorno per la povera vedova che è lasciata sola, e senza mezzi, tra gli stranieri! Come sono dolorose le notte insonni per il cuore che ha perso ogni cosa! Come è lasciata vuota una casa dall’eterna assenza di colui che era il suo capo, il suo supporto e il suo padre! (…) Oh, come sono amare le lacrime che sgorgano dai suoi occhi quando il suo più piccolo bambino, che ancora non capisce il mistero della morte, si getta nelle sue braccia e le dice: ‘Mamma, dov’è papà? Perché non torna? Io mi sento solo!’ La mia povera mamma passò quelle prove. Io sentivo i suoi singhiozzi durante le lunghe ore del giorno, e anche durante le ancor più lunghe ore della notte. Molte volte l’ho vista cadere sulle sue ginocchia per implorare Dio di essere misericordioso verso lei e i suoi tre infelici orfani. Non potevo fare altro che confortarla, amarla, pregare e piangere con lei! Erano passati solo pochi giorni dal seppellimento di mio padre quando vidi arrivare a casa nostra Mr. Courtois il parroco (quello che aveva cercato di portarci via la Bibbia). Egli aveva la reputazione di essere ricco, e dato che noi eravamo poveri e infelici da quando mio padre era morto, il mio primo pensiero fu che egli fosse venuto a confortarci e ad aiutarci. Potei vedere che mia madre aveva le stesse speranze. Ella lo accolse come un angelo dal cielo. (…) Dalle sue prime parole però potei comprendere che le nostre speranze non sarebbero state realizzate. Egli cercò di essere comprensivo, e disse persino qualcosa circa la fiducia che noi dovevamo avere in Dio, specialmente nei periodi di prova; ma le sue parole erano fredde e aride. Voltandosi verso di me, disse: ‘Continui a leggere la Bibbia, mio piccolo ragazzo? ‘Sì, signore,’ risposi, con una voce tremante di ansietà, perché temevo che egli avrebbe fatto un altro tentativo per portarci via quel tesoro, e io non avevo più un padre per difenderlo. Poi, rivolgendosi a mia madre, egli disse: – Io ti dissi che non era giusto per te e per il tuo bambino leggere quel libro’. Mia madre abbassò gli occhi e rispose solo con le lacrime che scorrevano giù dalle sue guance. La domanda fu seguita da un lungo silenzio, e il prete dopo continuò: ‘C’è qualcosa da dare per le preghiere che vengono cantate, e i servizi che tu hai richiesto siano offerti per il riposo dell’anima di tuo marito. Ti sarei molto grato se tu mi pagassi quel piccolo debito.’ ‘Mr. Courtois’, rispose mia madre, ‘mio marito non mi ha lasciato nient’altro che debiti. Io ho solo il lavoro delle mie mani per procurare da vivere ai miei tre bambini, di cui il più grande è davanti a lei. Per amore di questi piccoli orfani, se non per il mio, non ci prendere quel poco che ci è rimasto. ‘Ma tu non rifletti. Tuo marito è morto improvvisamente senza nessuna preparazione; egli è quindi nelle fiamme del purgatorio. Se tu vuoi che egli sia liberato, devi necessariamente unire i tuoi personali sacrifici alle preghiere della Chiesa e alle messe che noi offriamo’. ‘Come ti ho detto, mio marito mi ha lasciato assolutamente senza mezzi, ed è impossibile per me darti del denaro’, replicò mia madre. (…) ‘Ma le messe offerte per il riposo dell’anima di tuo marito devono essere pagate’, rispose il prete. Mia madre si coprì la faccia con il suo fazzoletto e pianse. Per quanto mi riguarda, io questa volta non mischiavo le mie lacrime con le sue. I miei sentimenti non erano di dolore, ma di rabbia e di indescrivibile orrore. I miei occhi erano fissi sul volto di quell’uomo che torturava il cuore di mia madre (…) Dopo un lungo silenzio mia madre alzò gli occhi, arrossati con le lacrime, sul prete e disse: ‘Vedi quella mucca nel prato, non lontano da casa nostra? Il suo latte e il suo burro che facciamo da essa formano la parte principale del cibo dei miei bambini. Io spero che tu non ce la porterai via. Se comunque, un tale sacrificio deve essere fatto per liberare dal purgatorio l’anima del mio povero marito, prenditela come pagamento delle messe da offrirsi per spegnere quelle fiamme divoranti’. Il prete si alzò all’istante dicendo: ‘Molto bene’, e uscì. I nostri occhi lo seguirono ansiosamente; ma invece di incamminarsi verso il piccolo cancello che era davanti alla casa, egli si diresse verso il campo, e guidò la vacca davanti a lui nella direzione di casa sua. A quella vista io gridai dalla disperazione: ‘O mamma mia! egli sta portando via la nostra mucca! Che sarà di noi?’ Il signor Nairn ci aveva dato quella splendida mucca quando essa aveva tre mesi (…) Io la nutrivo con le mie proprie mani, e avevo spesso diviso il mio pane con lei. Io l’amavo come un bambino ama sempre un animale che egli ha cresciuto. Sembrava anche che essa mi comprendesse e mi amasse. Da qualsiasi distanza essa mi poteva vedere, correva verso di me per ricevere le mie carezze e qualsiasi cosa io potessi avere da darle. Mia madre stessa la mungeva; e il suo ricco latte era così delizioso e sostanzioso per noi. (…) Anche mia mamma gridò dal dolore come vide il prete portare via gli unici mezzi che il cielo le aveva lasciato per nutrire i suoi bambini. Gettandomi nelle sue braccia, io le domandai: ‘Perché hai dato via la nostra mucca? Che sarà di noi? Noi moriremo sicuramente di fame’. ‘Caro figlio’, ella rispose, ‘Io non pensavo che il prete sarebbe stato così crudele da portarci via l’ultima risorsa che Dio ci aveva lasciato. Ah! se io avessi creduto che lui sarebbe stato così spietato io non gli avrei mai parlato come ho fatto. Come tu dici, mio caro figlio, che sarà di noi? Ma non mi hai tu spesso letto nella tua Bibbia che Dio è il Padre della vedova e dell’orfano? Noi pregheremo a quell’Iddio che è disposto ad essere tuo Padre e il mio; Egli ci ascolterà, e vedrà le nostre lacrime. Inginocchiamoci e chiediamogli di essere misericordioso verso di noi, e di restituirci l’aiuto del quale il prete ci ha privato’. Ci inginocchiammo. Ella prese la mia mano destra con la sua sinistra, e alzando l’altra mano verso il cielo, ella offrì una tale preghiera all’Iddio delle misericordie per i suoi poveri bambini che io non ho mai più udito da allora’ (Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, [Cinquant’anni nella Chiesa di Roma] London 1908, pag. 39-42).
Le parole di Chiniquy fanno chiaramente capire che questa diabolica dottrina del purgatorio e del suffragio ha portato molti preti a divorare persino le case delle povere vedove. E che cosa ci si poteva aspettare di buono da essa?
Testimonianza di Richard Peter Bennett
Anni della gioventù
Sono nato in una famiglia irlandese. Eravamo in otto e la mia infanzia fu davvero felice. Amavamo suonare, cantare, recitare, e tutto in un campo militare a Dublino. Infatti, mio padre era colonnello dell’esercito irlandese finché andò in pensione, quando avevo circa nove anni.
Eravamo una tipica famiglia irlandese cattolica. A volte mio padre s’inginocchiava vicino al letto per pregare. Mia madre era solita rivolgersi a Gesù mentre cucinava, lavava i piatti e perfino quando fumava una sigaretta. Quasi ogni sera ci mettevamo in ginocchio nel soggiorno per recitare il Rosario tutto assieme. Nessuno mai saltava la Messa domenicale, se fosse gravemente ammalato. Già quando avevo cinque o sei anni, Gesù Cristo era per me una vera e propria persona vivente, ma lo erano anche Maria ed i “santi”. Ero insomma come tanti altri cattolici tradizionali in Europa, nell’America Latina e nelle Filippine, che si rivolgono a Gesù, Maria, Giuseppe e ad altri “santi, mettendo tutti nei loro “calderoni” religiosi.
Seguivo le lezioni di catechismo in una scuola di Belvedere, tenuta dai Gesuiti. Lì ricevetti anche la mia istruzione elementare e secondaria. Così, come ogni ragazzo che studia con i Gesuiti, potevo dire, prima di aver compiuto dieci anni, le cinque ragioni per cui Dio esisteva e perché il Papa era l’unico vero capo della Chiesa
Era un affare serio far uscire le anime dal Purgatorio. Le famose parole “E’ un pensiero santo e giusto pregare per i morti, affinché siano liberati dai loro peccati”, erano imparate a memoria, anche se non ne sapevamo il significato. C’era detto che il Papa, perché Capo della Chiesa, era l’uomo più importante della terra. Quello che diceva era legge, ed i Gesuiti erano i suoi uomini di fiducia.
Sebbene la Messa fosse in latino, cercavo di andarvi sempre, perché ero affascinato da quell’atmosfera di mistero che la circondava. Ci dicevano poi che quello era il mezzo più importante per piacere a Dio. Inoltre eravamo incoraggiati a pregare i “santi” ed avevamo “santi patroni” per ogni aspetto della vita. Personalmente, non facevo di questo una pratica costante, con una sola eccezione: sant’Antonio, il presunto patrono degli oggetti smarriti, dato che avevo l’impressione di perdere sempre tante cose.
All’età di 14 anni, mi sentii chiamato ad essere missionario. Tale “chiamata” però non ebbe, a quel tempo, molta influenza sulla mia vita. Difatti vissi in pieno quell’anno della mia adolescenza e fui successo sia come studente sia come atleta.
Spesso dovevo accompagnare mia madre in ospedale per delle cure. Una volta, mentre l’aspettavo, in un libro trovai citati questi versetti: “Gesù rispose: in verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del Vangelo, il quale ora, in questo tempo non ne ricevettero tante volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna” (Marco 10:29-30). Così, senza avere idea del vero messaggio della salvezza, decisi di avere davvero la vocazione del missionario.
Cercando guadagnare la Salvezza
Lasciai dunque la mia famiglia ed i miei amici nel 1956 per entrare nell’Ordine dei Domenicani. Passai quindi otto anni per prepararmi a divenire monaco, studiando filosofia, le tradizioni della Chiesa, la teologia di Tommaso d’Aquino, ed anche la Bibbia. ma sempre dal punto di vista cattolico romano. Qualunque fosse a quell’epoca la mia fede, fu istituzionalizzata in seno al sistema religioso dei Domenicani. Difatti l’obbedienza alla legge sia quella della Chiesa Cattolica che quella dell’Ordine dei Domenicani, mi fu presentata come mezzo di santificazione. Perciò parlavo spesso con Ambrogio Duffy, il Maestro degli Studenti, attorno alla legge per divenire santi.
Ma oltre a divenire “santo”, volevo anche esser certo della mia salvezza eterna. Imparai quindi a memoria una parte dell’insegnamento del Papa Pio XII, secondo cui “la salvezza di molti dipende dalle preghiere e dai sacrifici del Corpo Mistico di Cristo, offerti con quest’intenzione”. Questo messaggio, secondo cui si ottiene la salvezza mediante la sofferenza e la preghiera, è anche il messaggio fondamentale di Fatima e Lourdes, ed io cercavamo, appunto, di ottenere la mia salvezza, come anche la salvezza di altri, mediante la sofferenza e la preghiera.
Nel monastero domenicano di Tallaght, Dublino, cominciai a fare tali “sacrifici” per conquistare delle anime. Ad esempio, mi facevo delle docce fredde in pieno inverno e mi frustavo la schiena con una piccola catena d’acciaio.Il Maestro degli Studenti sapeva di questo e se ne rallegrava, dato che anche la sua stessa vita austera era ispirata dalle parole del Papa.
Con rigore e determinazione, studiavo, pregavo, facevo “penitenze”, cercavo di osservare i Dieci Comandamenti e le molte regole e tradizioni dei Domenicani.
Esterno pomposo – Interno vuoto
Nel 1963, all’età di 25 anni, fui ordinato “sacerdote” e continuai a studiare teologia tomista all’Istituto ‘Angelicum’ di Roma.
Qui però ebbero inizio anche le mie difficoltà, che riguardavano il lusso esteriore dell’ambiente in cui vivevo, accompagnato da un vuoto interiore. Difatti attraverso gli anni mi ero fatte le mie idee sulla “Santa Sede” e la “Città Santa” - ma poteva quella essere la città dei miei sogni? Inoltre nell’Angelicum ero stupito che le centinaia di studenti che la mattina affollavano le aule, non sembravano molto interessati alla teologia. Notavo difatti che durante le lezioni alcune leggevano riviste come “Times” e “Newsweek”. Quelli invece che erano interessati a quanto era insegnato davano l’impressione di studiare solo per laurearsi od ottenere posti di prestigio nell’ambito della Chiesa Cattolica, una volta tornati nei loro Paesi.
Un giorno andai a passeggiare nel Colosseo, in modo che i miei piedi calcassero il suolo sul cui era stato sparso il sangue di tanti Cristiani. Scesi nell’arena. Cercai di immaginarmi quegli uomini e quelle donne che conoscevano il Cristo tanto bene da essere pronti a morire con gioia su una croce o divorati vivi da animali feroci, a causa del Suo amore così preponderante. Eppure la gioia di quell’esperienza fu guastata quando tornai a casa in autobus, perché fui insultato da alcuni giovani. Ebbi però l’impressione che m’insultassero non perché stavo dalla parte di Cristo, come nel caso dei primi Cristiani, ma perché vedevano in me un rappresentante del sistema cattolico romano. Beh, presto riuscii a cambiare pensiero, ma rimaneva che ciò che mi era stato insegnato sulle glorie attuali di Roma ora mi sembrava molto irrilevante e privo di senso.
Poco dopo quest’esperienza, una sera pregai per ben due ore di fronte all’altare principale della Chiesa di San Clemente. Lì, mentre pensavo alla mia vocazione giovanile ad essere missionario e alle promesse di Marco 10:29-30, decisi di non laurearmi in teologia, sebbene questo fosse stato il mio sogno ambizioso sin da quando avevo cominciato a studiare la Teologia di Tommaso d’Aquino. Era una decisione grave, ma dopo aver pregato a lungo fui certo che era quella giusta.
Il prete che avrebbe dovuto dirigere la mia tesi, non volle accettare tale decisione. Anzi, per farmi laureare con maggiore facilità, mi offrì una tesi già scritta alcuni anni prima. Affermò che avrei potuto presentarla come mia: dovevo solo difenderla durante l’esame finale. Questo mi diede il voltastomaco. Era qualcosa di simile a quello che avevo visto in un parco della città: eleganti prostitute che si mettevano in mostra con i loro stivali neri. Ciò che quel prete mi offriva era ugualmente peccaminoso. Mi attenui quindi alla mia decisione, ponendo fine ai miei studi e fermandomi così ad un livello accademico ordinario, senza, appunto, laurearmi.
Tornato in patria, mi fu ordinato di seguire un corso triennale alla Cork University. Continuai in ogni modo a pregare per la mia vocazione missionaria. Con mia sorpresa, verso la fine dell’Agosto 1964 mi fu ordinato di andare a Trinidad, nelle Indie Occidentali, come missionario.
Superbia, Caduta, e la nuova fame
Il primo ottobre del 1964 giunsi a Trinidad e per sette anni fui un prete di successo, dal punto di vista cattolico naturalmente, compiendo sempre il mio dovere ed invogliando tante persone a venire a Messa.
Già nel 1972 mi interessavo molto del Movimento Carismatico Cattolico. Fu così che il 16 marzo di quell’anno, durante una riunione di preghiera, ringraziai il Signore perché ero un buon prete e Gli chiesi, se questo rientrava nella Sua volontà, di umiliarmi, affinché divenissi migliore. E proprio quella sera fui coinvolto in un incidente, in cui mi ruppi la testa e mi ferii alla spina dorsale in più punti. Se non fossi stato con un piede nella fossa, dubito che mi sarei liberato del mio orgoglio. Intanto mi accorsi che le solite preghiere preconfezionate non servivano a niente, ma trovai conforto nella preghiera personale e spontanea. Tra l’altro, non recitavo più il Breviario, cioè la serie di preghiere ufficiali che i preti cattolici devono recitare ogni giorno, ma cominciai a pregare usando i versetti della Bibbia.
Devo confessare che non sapevo usare la Bibbia e quel poco che di questo Libro avevo imparato attraverso gli anni mi aveva portato più a diffidarne che ad averne fiducia. Il fatto era che i miei studi di filosofia e sulla teologia di Tommaso d’Aquino mi avevano lasciato senza vere risorse spirituali, perciò quelle mio approccio alla Bibbia per trovare il Signore era come camminare in un immenso bosco oscuro senza chiari punti di riferimento.
Quando, verso la fine di quell’anno, mi fu affidata una nuova parrocchia, mi trovai a lavorare a fianco a fianco con un Domenicano che per anni era stato per me come un fratello. Avremmo lavorato assieme per più di due anni, cercando Dio come meglio potevamo nella parrocchia di Pointe-a-Pierre. Leggevamo, studiavamo, pregavamo e mettevamo in pratica gli insegnamenti della Chiesa. Fondammo anche comunità a Gasparillo, Claxon Bay e Marabella. per menzionare solo i villaggi principali.
Dal punto di vista cattolico, eravamo molto successo. Molti venivano a Messa. S’insegnava catechismo in molte scuole, comprese le scuole statali. Io però continuavo la mia ricerca personale studiando assiduamente la Bibbia. Questo, tuttavia, non aveva molta influenza sul lavoro che stavamo facendo, e mi dimostrava quanto poco in realtà io conoscessi del Signore e della Sua Parola. Fu allora che Filippesi 3:10 divenne il grido del mio cuore: “Vorrei tanto conoscere Lui e la potenza della Sua risurrezione!”
Intanto il Movimento Carismatico Cattolico cresceva e noi lo introducemmo in buona parte dei nostri villaggi. E proprio a causa ditale Movimento, alcuni Cristiani canadesi vennero a Trinidad per avere comunione con noi. Imparai molto dai loro messaggi, soprattutto sulla preghiera per ottenere guarigioni. Certo, tutto quello che dicevano era basato soprattutto sulla loro esperienza personale, ma quella fu per me una vera benedizione, perché la Bibbia era presentata come la sola autentica fonte d’autorità.
Cominciai così a confrontare passi biblici con altri passi biblici e a citare capitoli e versetti. E uno dei versetti che i Canadesi usavano per esortarci a pregare per ottenere guarigioni era Isaia 53:5. “Grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti”. Tuttavia, studiando Isaia 53, mi accorsi che la Bibbia insiste più sul peccato che sulla guarigione fisica: “Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti” (Isaia 53:6).
Uno dei miei peccati era la superbia; facilmente mi adiravo contro gli altri. Sebbene chiedessi il perdono dei miei peccati, non avevo ancora capito che ero peccatore a causa della natura, che noi tutti ereditiamo da Adamo. Come afferma giustamente la Scrittura, “non c’è nessun giusto, neppure uno” (Salmo 14:3; 53:1-3; Romani 3: 10), e perciò “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Eppure la Chiesa Cattolica mi aveva insegnato che la corruzione morale dell’uomo, chiamata “peccato originale”, era stata eliminata mediante il battesimo che mi era stato amministrato quando ero neonato. In testa avevo ancora tale dottrina, ma in cuor mio sapevo che la mia natura corrotta non era ancora sotto il controllo di Cristo. Perciò Filippesi 3:10 ‘Vorrei tanto conoscere Lui e la potenza della Sua resurrezione”, continuava ad essere il grido del mio cuore. Sapevo infatti che soltanto mediante la Sua potenza avrei potuto davvero vivere da cristiano. Affissi quindi questo versetto sul cruscotto della mia auto e in altri posti. Questa richiesta motivava ormai tutta la mia vita e il Signore, che è fedele, cominciò a rispondermi.
La ultima domanda
Scoprii, quindi, prima di tutto che nella Bibbia la Parola di Dio è assoluta e senza alcun errore. Mi era stato invece insegnato che il valore della Parola di Dio è relativo e che la sua veridicità può essere a volte messa in discussione. Ora però cominciavo a capire che ci si poteva fidare della Bibbia. Perciò, con l’aiuto della Concordanza di Strong, cominciai a studiare la Bibbia per vedere che dice di se stessa. Scoprii dunque che la Bibbia insegna chiaramente che è d’origine divina e che è assolutamente autorevole in tutto ciò che afferma. E’ vera dal punto di vista storico, quanto alle promesse fatte da Dio, alle sue profezie, ai comandamenti che dà e alla sua etica. Difatti “ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona “ (Il Timoteo 3:16-17).
Feci questa scoperta mentre mi trovavo in visita a Vancouver, B.C., e a Seattle. Perciò, quando mi fu chiesto di parlare ad un gruppo di preghiera nella Chiesa Cattolica di Santo Stefano, scelsi come soggetto proprio l’autorità assoluta della Parola di Dio. Era la prima volta che comprendevo tale verità e ne parlavo in pubblico.
Dopo l’insegnamento, pregai per una signora che soffriva di una malattia agli occhi sin dalla sua infanzia. Il Signore la guarì. Considerai questo un segno del fatto che il Signore confermava la verità di quello che avevo capito dell’autorità assoluta della Sua Parola. Divenni anche intimo amico della signora che era stata guarita, e di suo marito. La sua guarigione fu permanente.
Ora posso affermare che la scoperta dell’autorità assoluta della Bibbia fu come una pietra miliare nella mia vita. Anzi, non considero neanche i miracoli come fonte di autorità, perché - lo ripeto - non c’è altra fonte di autorità se non la Parola di Dio. Ho raccontato di quel miracolo solo perché avvenne di fatto - Dio è sovrano!
Mentre ero ancora parroco a Point-a-Pierre, Ambrogio Duffy, che era stato un tempo il mio Maestro degli Studenti, fu assegnato alla mia parrocchia come assistente - i ruoli si erano quasi invertiti! In ogni caso, dopo alcune difficoltà iniziali, divenimmo amici intimi. Lo misi perciò al corrente della mia scoperta. Mi ascoltò con grande interesse e ne volle sapere di più. Vidi così in lui un canale per raggiungere i miei colleghi domenicani e perfino la casa stessa dell’Arcivescovo.
Quando dunque Ambrogio morì improvvisamente stroncato da un infarto, ne soffrii indicibilmente. Avevo pensato che Ambrogio avrebbe potuto farmi superare il dilemma Chiesa Cattolica - Bibbia. Avevo sperato che avrebbe potuto spiegare a me e ai miei colleghi domenicani le verità che mi lasciavano ancora perplesso... Predicai in occasione del suo funerale, ma ero disperato...
Continuai in ogni modo a pregare con le parole di Filippesi 3:10, “Vorrei tanto conoscere Lui e la potenza della Sua risurrezione! “Ma per saperne di più su di Lui, dovevo prima di tutto saperne di più su me stesso come peccatore. Appresi dunque dalla Bibbia - particolarmente da I Timoteo 2:5 - che il di mediatore ruolo che stavo svolgendo come sacerdote cattolico, era sbagliato. Il fatto era che mi piaceva avere stima particolare della gente e, in un certo senso, essere idolatrato da loro. Cercai quindi delle scuse affermandomi che dopo tutto quella era la dottrina della più grande Chiesa del mondo, e chi ero io da metterla in dubbio? Dentro di me però c’era la guerra. In particolare, cominciai a considerare il culto di Maria e dei “santi” e la posizione dei preti nella Chiesa Cattolica per quello che effettivamente erano. Eppure, sebbene fossi disposto a rinunciare a Maria e ai “santi”, non me la sentivo di rinunciare al sacerdozio, perché in esso avevo investito tutta la mia vita.
Anni della mia guerra
Del resto, Maria, i “santi” ed il sacerdozio costituiva solo una piccola parte della lotta che stavo sostenendo. Chi era il Signore della mia vita, Gesù Cristo nella Sua Parola o la Chiesa Cattolica? Questo dilemma fondamentale mi assillò specialmente durante gli ultimi sei anni che passai come parroco del Sangre Grande (1979-1985). Che la Chiesa Cattolica fosse l’autorità assoluta in questioni riguardanti la fede e la morale mi erano state inculcate fin da quando ero piccolo: ora sembrava impossibile cambiare opinione. La Chiesa non costituiva solo l’autorità suprema, ma era sempre chiamata le “Santa Madre Chiesa” - come potevo andare contro di questa “Santa Madre”, specialmente ora che svolgevo nel suo seno un ruolo ufficiale dispensando i suoi sacramenti e facendo sì che i Cattolici le rimanessero fedeli?
Chiesa-Bibbia dilemma
Nel 1981 mi ero perfino riconsacrato al servizio della Chiesa Cattolica in occasione di un seminario parrocchiale di “riconsacrazione”, appunto, tenutosi a New Orleans. Tuttavia, quando ritornai a Trinidad e fui di nuovo coinvolto nei problemi della vita reale, tornai ancora all’autorità della Parola di Dio. Infine la tensione divenne come un tiro alla fune dentro di me. A volte consideravo la Chiesa Cattolica come l’autorità suprema, altre volte l’autorità suprema era la Bibbia.
In quegli anni soffrii molto di stomaco, forse a causa di tutte queste emozioni. Eppure sarebbe bastato rendermi conto della semplice verità che non è possibile servire a due padroni (Luca 16:13). Di fatto continuavo a subordinare l’assoluta autorità della Bibbia alla presunta suprema autorità della Chiesa Cattolica.
Simbolo ditale contraddizione fu il mio atteggiamento nei confronti di quattro statue, che si trovavano nella Chiesa di Sangre Grande. Tolsi di mezzo e feci a pezzi le statue di “san Francesco” di “San Martino”, perché il secondo Comandamento della Legge di Dio affermano in Esodo 20:4, “Non farti scultura, né immagine alcuna Quando però alcuni fedeli manifestarono apertamente il loro dissenso quando cercai di togliere anche le statue del “Sacro Cuore” e di Maria, le lasciai dove erano, dato che l’autorità suprema, cioè la Chiesa Cattolica, diceva nel Canone 1188 del suo Codice di Diritto Canonico, “Rimanga in vigore la prassi di offrire nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli”.
Non mi accorgevo che stavo cercando di assoggettare la Parola di Dio alle parole dell’uomo.
Mia propria colpa
Mentre dunque ben sapevo ormai che la Parola di Dio è l’autorità assoluta, cercavo disperatamente di far sì che la Chiesa Cattolica fosse più autorevole della Parola di Dio, perfino quando la Chiesa Cattolica diceva il contrario di quello che insegna la Bibbia. Come poteva essere?
Prima di tutto, era colpa mia. Se avessi accettato soltanto l’autorità della Bibbia, la Parola di Dio mi avrebbe convinto a rinunciare al mio ruolo di “mediatore” come sacerdote cattolico, e non era disposto a farlo. In secondo luogo, nessuno, non aveva mai messo in discussione ciò che facevo come prete cattolico. Alcuni Cristiani provenienti dall’estero tranquillamente venivano a Messa, vedevano i nostri “oli sacri”, “l’acqua santa”, le medagliette, le statue, i paramenti, i rituali, e non dicevano una parola! Fatto era che lo stile, il simbolismo, la musica ed il gusto artistico della Chiesa Cattolica erano molto accattivanti. L’incenso non solo ha un odore particolare, ma crea anche un’atmosfera misteriosa.
Punto di ritorno
Un giorno però una donna mi sfidò - l’unica cristiana che in 22 anni di sacerdozio cattolico osò sfidarmi: “Voi Cattolici avete le forme della pietà, ma n’avete rinnegato la potenza”, il riferimento alla Seconda Lettera dell‘Apostolo Paolo a Timoteo 3:5 era chiaro.
Quelle parole mi disturbarono per qualche tempo, perché le luci, le bandiere, la musica popolare, le chitarre e i tamburi mi piacevano molto. Probabilmente nessun prete a Trinidad aveva vestimenti così colorati, bandiere e cose simili, come li avevo io. In ogni caso, vivevo evidentemente nel compromesso.
Nell‘ottobre del 1985 la grazia di Dio fu però più grande del compromesso in cui vivevo. Difatti un bel giorno me n’andai alle Barbados per pregare proprio per liberarmi dalle contraddizioni di cui era intessuta la mia vita.
Mi sentii in trappola. Indiscutibilmente la Parola di Dio è l’autorità suprema e solo a lei bisogna ubbidire; eppure a quello stesso Dio avevo fatto voto di obbedire alla presunta autorità suprema della Chiesa Cattolica. Lessi anche un libro che commentava le parole del Signore, “.. . edificherò la mia Chiesa (Matteo 16:18ss.). Ora, nel linguaggio usato da Gesù, la parola “chiesa” è ‘edah’, che significa “comunità”, “associazione”. Io invece avevo sempre pensato che la “Chiesa” fosse “la suprema autorità in tutte le questioni riguardanti, la fede e la morale”. Considerare quindi la chiesa come “comunità” faceva sì che rinunziassi all’idea che la Chiesa Cattolica fosse la suprema autorità e che dipendessi esclusivamente dal Signor Gesù Cristo. Insomma cominciai a pensare che, dal punto di vista biblico, i vescovi che conoscevo nella Chiesa Cattolica non fossero dei credenti veri e propri. Erano piuttosto uomini religiosi dediti a Maria e al Rosario, fedeli al Vaticano, ma nessuno di loro aveva idea della perfetta salvezza mediante Cristo - una salvezza personale e completa. Tutti parlavano della penitenza per ottenere il perdono dei peccati, dell’importanza salvifica della sofferenza, delle buone opere, della “via dell’uomo”, piuttosto che del Vangelo della grazia. Ma, grazie a Dio, vidi che nessuno può salvarsi mediante la Chiesa Cattolica né per mezzo delle buone opere, perché “è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti “ (Efesini 2:8-9). Lasciai dunque la Chiesa Cattolica quando vidi che la vita in Gesù Cristo non sarebbe stata possibile, se fossi rimasto fedele alle dottrine del Cattolicesimo Romano.
Nuova nascita all’età di 48 anni
Partito da Trinidad nel novembre del 1985, raggiunsi le vicine isole Barbados. Fui ospitato da due anziani coniugi. Intanto pregavo il Signore, affinché potessi avere un vestito da borghese ed il denaro sufficiente per tornare in Canada, avevo, infatti, soltanto abiti adatti al clima tropicale e poche centinaia di dollari. Le mie preghiere furono esaudite senza che mi rivolgessi ad alcuno, tranne che al Signore, per le mie necessità.
Fu così che, lasciato il caldo dei tropici, mi trovai ben presto tra la neve ed il ghiaccio del Canada. Dopo un mese passato a Vancouver, andai negli Stati Uniti d’America. Credevo fermamente che il Signore sarebbe venuto incontro alle mie necessità, perché cominciavo una nuova vita a 48 anni, in sostanza senza soldi, senza un regolare permesso di soggiorno, senza la patente, senza alcuna raccomandazione, ma avendo con me soltanto il Signore e la Sua Parola.
Passai sei mesi con dei coniugi cristiani in una fattoria nello Stato di Washington. Spiegai a chi mi ospitava che avevo lasciato la Chiesa Cattolica ed avevo accettato Gesù Cristo come mio Signore e Salvatore e la Bibbia come la suprema autorità quanto a fede e a morale. E l’avevo fatto in piena coscienza ed irrevocabilmente. Non rimasero però molto impressionati dalle mie parole e mi chiesero se serbavo del rancore in me. Così, pregando assieme a me e con gran compassione nei miei riguardi, mi furono di grande aiuto in quelle circostanze, perché anch’essi avevano lasciato la Chiesa Cattolica e sapevano per esperienza quanto si potesse essere amareggiati.
Quattro giorni dopo il mio arrivo a casa loro, per la grazia di Dio, cominciai a gustare il primo frutto del processo della conversione, cioè il pentimento. Questo significò per me non solo chiedere perdono al Signore per gli anni trascorsi nel compromesso, ma anche accettare di essere da Lui guarito del rancore che ancora conservavo in me.
Fu così che all’età di 48 anni, basandomi soltanto sull’autorità della Parola di Dio, per la sola grazia di Dio, credetti finalmente in Cristo morto sulla croce per i miei peccati. A Lui soltanto sia la gloria!
Dopo essere stato rinfrancato fisicamente e spiritualmente da quei coniugi cristiani, assieme ai loro figli, il Signore mi diede anche una moglie, Lynn, anch’essa “nata di nuovo” per la fede in Cristo, amabile ed intelligente. Assieme andammo ad Atlanta, nello Stato della Georgia, dove trovammo entrambi un lavoro.
Missionario reale con un concreto Messaggio
Nel settembre del 1988, partimmo da Atlanta ed andammo come missionari in Asia. Fu quello un anno molto fruttuoso, durante il quale gustò l’amore, la gioia e la pace dello Spirito Santo in un modo che non avrei mai pensato sia possibile. Difatti, tramite noi uomini e donne venimmo a conoscenza dell’autorità della Bibbia e della potenza della morte e risurrezione di Cristo. In particolare, ero sorpreso nel vedere quanto la grazia del Signore possa fare, quando la Bibbia è usata per presentare Gesù Cristo. E questo era in contrasto con le trappole della tradizione ecclesiastica, che avevano oscurato i miei 21 anni spesi in veste di “missionario” a Trinidad, 21 anni senza il vero e proprio messaggio dell’Evangelo.
Per spiegare il senso della “vita abbondante” di cui Gesù parlava e che io ora gusto in pieno, non vi sono parole migliori di quelle in Romani 8:1-2, “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte”. Non avevo soltanto rinunciato per sempre al sistema del Cattolicesimo Romano, ma ero anche, e soprattutto, divenuto una nuova creatura in Cristo. E’ per la grazia di Dio, e soltanto per la grazia di Dio, che ho rinunziato alle opere morte per entrare in una vita nuova.
Testimonianza al Vangelo della Grazia
Nel 1972, quando alcuni cristiani mi avevano parlato della guarigione fisica mediante Gesù Cristo, come mi sarebbe stato più utile se mi avessero spiegato in conformità a quale autorità il peccato viene perdonato, in che modo la nostra natura peccaminosa può essere messa a posto dinanzi a Dio. La Bibbia, infatti, ci mostra chiaramente che Gesù occupò il nostro posto sulla croce. Non posso meglio esprimere questo concetto che con le parole di Isaia 53: 5, “Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo pace, è caduto sudi lui e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti “. Ciò significa che Cristo prese su di sé quello che noi avremmo dovuto soffrire per i nostri peccati. Io credo quindi fermamente che Cristo mi rappresenta dinanzi a Dio Padre, proprio perché soffrì e morì per me.
Quelle parole di Isaia furono scritte 750 anni prima della crocifissione del Signore, e poco dopo il sacrificio della croce, la Bibbia afferma in I Pietro 2:24, “Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati sanati “.
Siccome abbiamo ereditato la nostra natura peccaminosa da Adamo, tutti abbiamo peccato e siamo privi della gloria di Dio (Romani 3:23). Come possiamo stare dunque dinanzi ad un Dio Santo, se non in Cristo, riconoscendo che Egli morì lì dove noi saremmo dovuti morire? Dio dunque ci ha dato la possibilità di credere in Gesù Salvatore e così di nascere di nuovo spiritualmente. E’ stato Cristo a pagare il prezzo per riscattare i nostri peccati - pur essendo senza peccato, fu crocifisso. Questo è il vero messaggio del Vangelo.
Ma ci si può chiedere, basta la fede? Si, la fede salvifica in Cristo Gesù basta per nascere di nuovo. Tale fede, di origine divina, porterà a fare buone opere, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo (Efesini 2:10).
Quando ci pentiamo, infatti, mediante la forza che Dio ci dà, mettiamo da parte il nostro vecchio modo di vivere dei nostri peccati d’un tempo. Questo però non significa che non possiamo peccare ancora, ma che la nostra posizione dinanzi a Dio è cambiata. Siamo chiamati “figli di Dio” e tali siamo davvero (I Giovanni 3:1). Se pecchiamo, è un problema di rapporto con Dio Padre e può essere risolto, e quindi non si tratta di perdere il nostro stato di figli di Dio in Cristo, perché tale stato è irrevocabile. Difatti in Ebrei 10: 10 si afferma, “Noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre “. La redenzione effettuata da Cristo Gesù sulla croce è completa. Basta quindi avere fiducia in tale redenzione ed una nuova vita, prodotto dello Spirito Santo, sarà vostra - nascerete di nuovo.
Giorno presente
Scrivo questa testimonianza, il ministero che il Signore ha preparato per me è quello dell’evangelista. Svolgo tale attività sulla costa nor-doccidentale del Pacifico negli Stati Uniti. E a tal proposito, ciò che Paolo diceva dei suoi connazionali, lo dico dei Cattolici: il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per i Cattolici è che essi siano salvati. Vi sono tanti Cattolici che sono ferventi religiosi, ma questo loro zelo non è basato sulla Parola di Dio, ma sulle tradizioni della loro chiesa.
Del resto, proprio la mia testimonianza dimostra quanto fosse difficile per me, quando ero ancora cattolico, rinunciare alla tradizione della Chiesa Cattolica, ma quando il Signore ci dice nella Sua Parola di rinunciarvi, dobbiamo farlo. Le “forme della pietà” che ha la Chiesa Cattolica, rendono difficile ad un cattolico vedere dov’è il vero problema. Difatti ognuno deve stabilire per quale autorità noi conosciamo la verità! La Chiesa Cattolica pretende che si conosca la verità soltanto mediante la sua autorità. A tal proposito, il Codice di Diritto Canonico, n.2 12, par. 1, afferma: “I fedele cristiano, consapevole della loro responsabilità, in base all’obbedienza propria dei Cristiani, devono ottemperare a quanto i sacri pastori, in quanto rappresentanti di Cristo, insegnano come maestri della fede, o stabiliscono come dirigenti della chiesa”. Secondo la Bibbia, invece, è la Parola di Dio l’autorità mediante la quale si conosce la verità. Furono difatti le tradizioni degli uomini a spingere i Riformatori a sostenere a spada tratta che per salvarsi e santificarsi basta soltanto la Bibbia, la fede in Cristo e la grazia di Dio.
Ragione per testimoniare
E’ in ogni modo un fatto che soffrii per 14 anni, senza che qualcuno avesse il coraggio di dichiararmi la verità. Ma ora sto condividendo con voi queste verità, affinché possiate conoscere i mezzi stabiliti da Dio per salvarsi dal peccato e dalle sue conseguenze. L’errore dei cattolici è che loro pensano di salvarsi da soli, senza rispondere all’aiuto che Dio ci ha offerto. Così è definito nel Catechismo della Chiesa cattolica (1994) par. 2021, “Grazia è l’aiuto che Dio ci ha dato per rispondere la nostra vocazione di diventare i Suoi figli adottivi …”.
Con ciò, si tiene incoscientemente l’insegnamento, condannato nella Bibbia. Questa definizione della grazia è l’umana fabbricazione, mentre la Bibbia insegna ripetutamente che il giusto rapporto del credente con Dio è “senza le opere” (Romani 4:6), “senza le opere della Legge” (Romani 3:28), “no delle opere” (Efesini 2:9), “questo è dono di Dio” (Efesini 2:8). Lasciare i fedeli credere che loro possono collaborare nella propria salvezza, e vedere la Grazia solo come un “aiuto”, è la negazione della Parola di Dio, “…Attraverso la Grazia, non ci sono più le opere: altrimenti la Grazia non è più la Grazia…” (Romani 11:6).
Il semplice messaggio biblico dice che “il dono della giustificazione” in Gesù Cristo è un dono, basato unicamente sul Suo sufficiente sacrificio della croce, “Infatti, se per la trasgressione di uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno , tanto più quelli che ricevono l’abbondanza della Grazia e del dono della giustizia , regneranno nella vita per mezzo di quell’uno che è Gesù Cristo” (Romani 5:17). Così è come Cristo stesso ha detto, Lui morì al nostro posto, Uno per tanti (Marco 10:45), la Sua vita è riscatto per tutti. Perché Lui ha dichiarato: “…Questo è il mio sangue della nuova alleanza, sparso per tanti per il perdono dei peccati” (Matteo 26:28). Questo ha proclamato anche Pietro: “… Cristo ha sofferto una volta per i peccati, Lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18).
L’insegnamento di Paulo è riassunto nella seconda lettera ai Corinzi: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (II Corinzi 5:21). Questo fatto, caro lettore, è presentato chiaramente nella Bibbia. Accettazione fiduciosa è comandata da Dio stesso: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Marco 1:15). La nostra grande sofferenza sta nel fatto che i cattolici stanno ripetutamente cambiando la nostra mente con le sbagliate idee di “meritare”, “guadagnare”, “essere abbastanza buono”, mentre c’è da accettare semplicemente, con le mani nude, dono della giustificazione in Cristo Gesù. Rifiutare questo dono, che Dio ha comandato di fare, è lo stesso peccato che commisero i religiosi Giudei nel tempo di Paolo, “…Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono messi alla giustizia di Dio…” (Romani 10:3). Convertitevi e credete la buona novella di Dio!
Se volete mettervi in contatto con me, scrivete a Richard Bennett, P.O. Box 192 Del Valle, TX 78617 U.S.A.
Queste mani peccaminose, con le quali ora scrivo queste righe, una volta fabbricavano « idoli ». Sì, queste stesse mani avevano l’ardire di voler mutare la gloria dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile. Fabbricavo statue del «Sacro Cuore», del «Bambin Gesù», della «Vergine Maria» ed altre di diversi tipi e misure. Fredde immagini di gesso, senza anima, che hanno occhi, ma non vedono; orecchie, ma non odono; naso, ma non hanno olfatto; bocca, ma non parlano; piedi, ma non camminano.
Dio è stato misericordioso nei riguardi di Paolo che era un persecutore dei cristiani, ma io credo che lo sia stato ancor più verso di me che ero un fabbricante di idoli, che costruivo pietre d’inciampo con le quali i miei fratelli avrebbero peccato, rendendo loro quell’adorazione e quell’omaggio che in spirito e verità, come è stabilito dai primi due comandamenti (Es. 20:1-5), va solo a Dio.
Io ero cattolico fino al midollo. Figlio di genitori cattolici, educato in un collegio di Gesuiti, con origini cattoliche che si perdevano nel tempo, secondo la tradizione e il sentimento di famiglia, avrei dovuto continuare ad essere un cattolico per sempre. Ripeto, secondo la tradizione ed il sentimento di famiglia, sarei dovuto essere sempre un cattolico. Inoltre una delle mie zie era stata fatta principessa da un papa e questo, non solo riempiva di orgoglio la mia famiglia, ma posso senz’altro dire che, fino alla mia conversione, mi aveva sempre fatto sentire di sangue blu.
Come ho già detto, sono stato educato in un collegio di Gesuiti e lì, quando ebbi circa tredici anni, i miei superiori si adoperarono per farmi diventare prete. Offrendomi la possibilità di compiere gli studi a Roma, cercavano, nello stesso tempo, di radicare nella mia mente tale idea. Fortunatamente per me, a mio padre questi proponimenti non piacquero ed egli riuscì prontamente a liberarmene.
Nonostante ciò, rimasi sempre molto religioso e, durante la mia permanenza nel Collegio del Sacro Cuore, fui membro del comitato esecutivo della «Congregazione Mariana». Ero devotissimo alla Vergine Maria, che veneravo ardentemente ed ero convinto che, se anche con Cristo non fossi riuscito, con lei avrei sempre avuto quello che desideravo sembrandomi più raggiungibile e più amorevole. Inganni di Satana! Ma a quell’epoca non conoscevo la Parola di Dio che ci dice:
«Uno solo infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (I Timoteo 2:5)
né sapevo che lo stesso San Pietro, proclamato dai cattolici loro primo papa, nella Bibbia ci assicura Atti 4:12
«In nessun altro c’è salvezza; Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati»
ed è perciò inutile cercarla in chiunque altro.
Prima della mia conversione, come la maggior parte dei giovani cattolici che frequentavo, ero dedito al gioco, al bere, a fumare, a tutte le cose del mondo e a scambiare opinioni sugli affari. Mi piaceva vantarmi di essere un gran cattolico e allo stesso tempo un gran peccatore. Farei meglio a chiamare disgustosi peccati, i fatti dei quali mi vantavo. E posso senz’altro dire che non fu per alcun merito mio se Dio volle farmi il dono di arrivare alla conoscenza della Sua grazia e di salvarmi dalla condanna e dall’inferno.
Io ero a quel tempo quello che si suole chiamare «un uomo dì mondo» e, contemporaneamente un buon cattolico. Andavo alla Messa tutte le domeniche e odiavo i protestanti, che sin dall’infanzia mi era stato insegnato a considerare eretici, apostati, corrotti, servitori di Satana e condannati all’inferno. Non ne sapevo il perché, ma i Gesuiti ci avevano insegnato così.
Nonostante tutto ciò avevo una buona base: credevo in Dio e desideravo piacerGli. Avevo iniziato la mia attività di fabbricante d’immagini alcuni anni prima della mia conversione a Cristo e all’epoca del primo Congresso Eucaristico di Sucre (Bolivia), desideroso di conoscere ancor più delle cose di Dio, decisi di andare ad ascoltare i sermoni di un famoso oratore, il gesuita La Puerta che non chiamo «padre» perchè Iddio lo vieta in Matteo 23:9
«E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo ».
Mia moglie, però, in quel periodo, era ammalata e, per poter ascoltare queste conferenze, facevamo uso della radio. Fu in quell’occasione che, per la prima ed unica volta nella mia vita, udii un prete cattolico parlare della Bibbia, come di un libro stupendo e affermare che essa è la Parola di Dio rivelata agli uomini e ascoltai meravigliose profezie che parlavano di nostro Signore Gesù e che erano state fatte centinaia di anni prima che venisse in questo mondo, umiliandosi e prendendo la forma d’uomo. Quelle conferenze destarono in me una grande curiosità, e perciò decisi di leggere questo libro meraviglioso, pensando che se realmente tutto quel che avevo sentito era vero, occorreva renderlo noto a tutti. Mi recai, allora, dal prefetto dei Gesuiti e gli chiesi di prestarmi una Bibbia ed egli, benché riluttante, mi portò una copia della versione Valera (edizione protestante) e mi disse più o meno queste parole: «Vi do questa versione perché è una traduzione migliore della nostra ed ha il vantaggio delle concordanze a margine: è quella che noi sacerdoti usiamo per i nostri studi». Pieno di contentezza me ne andai con la Bibbia sotto il braccio, con l’intento di dar subito principio allo studio.
Appena iniziata la lettura, però, una moltitudine di dubbi cominciò ad assalire la mia mente. Confuso, tornai allora dal prefetto dei Gesuiti in cerca di chiarimenti, ma uscii da quel colloquio più turbato di prima: il sacerdote aveva gli stessi miei dubbi e non era stato in grado di risolvere le mie difficoltà.
Lo lasciai, deluso e desideroso di domandargli come avesse potuto diventare prete. Tutto quello che egli aveva saputo dirmi era stato di non andare troppo in profondità nella lettura della Bibbia poiché nessuno di noi aveva la capacità e la facoltà di farlo e di accettare perciò l’interpretazione di Roma senza discuterla, poiché era l’unica infallibile.
«Quando ci assalgono dei dubbi», egli aveva aggiunto ancora «la cosa migliore da fare per dimenticarli è occuparsi in qualche altra attività» e mi confessò, infatti, che, quando veniva preso da qualche dubbio, per distrarsi, se ne andava nel suo laboratorio di chimica a fare esperimenti o a studiare. Bene, questo metodo soddisfaceva forse quel Gesuita, ma non me. Dio ci ha dato la Sua Parola affinché la investighiamo, anzi comanda proprio di farlo. Dopo aver restituito la Bibbia presa a prestito, me ne comprai una copia e mi dedicai con maggiore serietà allo studio di essa.
Quando si scopre che una persona non ha detto la verità, è naturale che si cominci a dubitare di tutto ciò che dice. Fu proprio quanto accadde a me nei confronti della Chiesa Cattolica, cosicché per tre lunghi anni brancolai nel buio più fitto. Dubitavo di tutto, tranne che dell’esistenza di Dio, creatore di tutte le cose. Nel mio zelo di trovare luce e spiegazione ai mei dubbi, mi recai allora da un Francescano: non essendo riuscito con i Gesuiti, volevo tentare con i Francescani, l’altro potente e famoso ordine religioso che si trovava a Sucre. Andai alla ricerca di frate Francesco, una nobile persona, che mi disse con tutta franchezza: «Figliuolo, confesso di non sapere un bel nulla di tutte queste cose. La mia è la fede di un minatore; credo perché credo. Ti darò comunque dei libri nel caso possano esserti d’aiuto». E mi diede infatti dei testi che rafforzarono le mie nuove opinioni.
Un giorno, incontrai, il signor Turner, missionario della Chiesa dei Fratelli e pastore della comunità evangelica di Sucre, e gli chiesi un appuntamento per poter discutere la questione anche con lui. Il giorno successivo, dopo cinque minuti di conversazione, compresi che eravamo completamente d’accordo. La mia maggior difficoltà riguardava la divinità di Cristo, ma dopo aver esaminato insieme l’Evangelo di S. Giovanni, al cap. 3, v. 16 e diversi altri versetti, compresi che Cristo non era soltanto uomo, ma anche Dio. Lo avevo già accettato come mio Salvatore, ma avevo dei dubbi intorno alla Sua duplice natura.
Da quel momento in poi cominciai a crescere nella fede e decisi di dedicarmi al servizio del Signore, senza comunque abbandonare la mia attività commerciale, fatta eccezione per la fabbricazione di «santi», che smisi immediatamente. Sentivo che il Signore mi chiamava a portare il Suo messaggio di libertà ai miei compatrioti oppressi, ingannati e sfruttati da coloro che avevano trasformato in un commercio la salvezza delle anime dei loro simili. Convinto, peraltro, che il cielo non si può raggiungere con il danaro, né ottenere con le opere ( Lettera agli Efesini 2: 8, 9 ; Lettera ai Romani 3: 22-25), sapendo che Dio detesta l’idolatria, infatti il secondo comandamento dice:
«Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosterai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il Tuo Dio, un Dio geloso» (Eso do 20:4,5)
e poiché ero ancora in possesso di più di duecento statue, ecco iniziare una dura lotta tra la mia coscienza e la mia borsa. Il valore delle immagini era notevole e il mio portafoglio mi diceva: «Non le distruggere ; i cattolici le usano soltanto come simbolo; non le adorano».
Caro lettore, è certamente una cosa terribile quando la tasca soffre, perciò, volevo far tacere la voce della coscienza che mi diceva: «Arturo, i cattolici adorano queste immagini, s’inchinano dinanzi ad esse e rendono loro il culto». In mezzo a tale lotta non sapevo più che fare, finché il Signore mi mise nel cuore questo pensiero: porre su ogni immagine, la seguente iscrizione.
Sono una immagine inanimata, opera di mano d’uomo... Perciò non merito alcuna adorazione o culto.
Poi su quelle di Cristo e del Sacro Cuore, alcune delle quali erano realmente belle, posi questa scritta:
Rappresento Iddio, ma non Lo sono. Iddio è spirito, e quelli che Lo adorano Lo devono adorare in ispirito e verità.
Le immagini, dunque, restarono per tre mesi nel bel negozio che avevo allora, con la vetrina più grande e più elegante di tutta Sucre in quel tempo. Le persone venivano per acquistarle, ma, appena le prendevano in mano e leggevano le parole che vi erano scritte sopra, me le restituivano con un sorriso forzato dicendo: «Molto belle! ritorneremo... », ma non tornavano più.
Dal momento in cui posi sulle immagini quelle parole, ne vendetti solo due e ciò servì a provarmi che i cattolici le volevano per adorarle. Se non fosse stato così, quale differenza avrebbero fatto quelle parole per loro? Fu allora che decisi di liberarmene. All’inizio, fino al momento in cui apposi quelle scritte sulle immagini, era stata mia intenzione continuare a venderle e con il ricavato costruire una cappella evangelica a Sucre, quando però, resi noto il mio progetto ai fratelli in Cristo, essi mi dissero: «Vi ringraziamo, signor Arana, per la vostra buona volontà, ma non possiamo accettare neppure un centesimo di questo danaro proveniente dal peccato dell’idolatria. Molte grazie, con le immagini fate quel che volete, ma noi non possiamo accettare quel danaro».
Ero come uno che tiene un carbone ardente in mano. Non sapevo cosa fare di tanti «santi» e di tanti idoli e distruggerli era un compito difficile, perché, a quel tempo, Sucre era la città più fanatica della Bolivia. Ciò nonostante, seguendo il comandamento del Signore contenuto nel libro di Isaia, cap. 30, vv. 21 e 22, decisi di cominciare a disfarmene. Armato di un martello, cominciai a ridurli in pezzi e, quando furono ben frantumati, ne raccolsi i frammenti in alcune casse e li tenni chiusi in un deposito, per evitare che la Chiesa Cattolica inventasse qualche altro «miracolo».
Fu un lavoro che durò parecchi giorni, ma alla fine, quando tutte le statue furono distrutte, servendomi del camion di un mio amico e fratello nel Signore, li gettai in una discarica di rifiuti, adempiendo l’ordine divino: «i tuoi occhi sentiranno questa parola dietro di te: ”Questo è la strada, percorretela”», caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. “Fuori!” tu dirai loro» (Isaia 30:21,22). Furono due i camion che caricai e, se non fossero stati a pezzi, ne sarebbero accorsi molti di più.
Caro lettore, ti posso assicurare che non avvenne alcun miracolo, perché fu soltanto due mesi dopo essermi disfatto delle immagini che l’annunziai pubblicamente alla radio, ed era ormai troppo tardi perché si potesse preparare una frode simile a quella che udii in una certa occasione e che ti voglio raccontare.
Dicono che nella città di La Paz vi fosse un giovane oltremodo dedito al gioco, il quale chiedeva ogni giorno alla Vergine di poter vincere. Ma una sera, stanco di pregare senza successo, trasse di tasca un temperino e tagliò il quadro dall’alto in basso. Dicono che, in quello stesso momento, in un ufficio di polizia si presentò una donna con il volto sanguinante, che accusò quale responsabile della sua ferita questo giovane e ne indicò il domicilio.
Quando la polizia giunse in quella casa, trovò il quadro lacerato. Sciocchezze, caro amico. Io ti posso assicurare che neppure una goccia di sangue apparve sulle circa duecento statue da me fatte a pezzi e che nessun uomo o donna si presentò all’ufficio di polizia per denunciare ferite. (Forse perché le ridussi talmente in polvere da non lasciarvi dentro alito di vita?).
I cattolici dicono di tenere le immagini di Cristo e del Sacro Cuore, ecc. come noi teniamo la fotografia di una persona amata. Menzogna! Caro lettore ed amico, terresti tu forse sul tuo cassettone la foto del famoso calciatore Paolo Rossi per coprirla di baci, chiamandolo padre? Chi conosce la faccia di Cristo? Chi è colui che conosce almeno il colore dei Suoi occhi? Io ho fatto statue di Cristo sia bionde che brune, con occhi azzurri, verdi, neri o castani secondo il gusto e le idee dei clienti. Come potevano quelle immagini essere fatte a somiglianza di Cristo, dal momento che io stesso non lo avevo mai visto e mi limitavo a fare una bella faccia di tipo giudaico?
Mi ricordo di una volta in cui il prete di Betanzon mi venne a chiedere di fare un Sacro Cuore per l’altare maggiore della sua chiesa. In quel momento io non avevo alcuna immagine della taglia da lui richiesta, fatta eccezione per una statua di S. Giuseppe alta più o meno un metro e venti per cui gli dissi che non mi sarebbe stato possibile approntargliela subito, come desiderava. Dopo, però, pensando ai soldi che avrei incassato, promisi di consegnargliela per il giorno stabilito. Entrai allora nel laboratorio, afferrai un martello, presi l’immagine di San Giuseppe e con un solo colpo gli ruppi il braccio all’altezza del gomito ; indi, preso un pezzo di gesso, feci un nuovo braccio che puntava verso il petto. Poi, preso dell’altro gesso, formai il cuore, tolsi la palma dell’innocenza» dal braccio destro di San Giuseppe e gli feci una mano nuova; infine, poiché il santo era calvo, come me, gli ricoprii il capo di lunghi riccioli, gli resi liscia la barba ed eccolo cambiato in Sacro Cuore. Una bella immagine, no, che ne dici? Nostro Signore Gesù non voleva che ci facessimo immagini di Lui perché è irriverente voler cambiare la gloria dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile e, per questa ragione, nessuno conosce quali siano il colore dei Suoi occhi e la forma della Sua bocca o del Suo naso.
Ti racconterò ora altri due o tre casi che ti faranno vedere quanto sia ridicola l’idolatria fomentata dalla Chiesa di Roma. Quando avevo ancora la fabbrica di immagini, erano solite venire da me delle signorine non più giovani per chiedermi delle statue di Sant’Antonio alle quali si potesse aggiungere o togliere il fanciullino che il «santo» reca di solito in braccio. Esse dicevano che lo stavano pregando per poter trovare marito e volevano delle immagini così fatte in modo da poter togliere quella del fanciullo e punire san’Antonio nel caso non l’avesse loro concesso. Si può immaginare stupidità più grande?
Ad Aiquile una signora profondamente cattolica, ma molto sensata, si converti al Signore, grazie all’esperienza che ora ti narrerò. Aveva un cagnolino dal pelo bellissimo ed un giorno, avvicinata da un pittore, se ne sentì chiedere alcuni peli della coda. Dopo aver soddisfatto la sua richiesta, la signora, alquanto sorpresa, gli domandò a che cosa mai gli sarebbero serviti. «Per fare le ciglia e le sopracciglia dei santi che devo riparare», fu la risposta. «Da allora», dichiarò la signora, «ho abbandonato per sempre l’idolatria. Come avrei potuto inchinarmi ad adorare i peli della coda del mio cane?».
Ora, caro lettore, vorrei chiederti di meditare su queste parole di Dio che puoi leggere nella Sacra Bibbia. Al Salmo 115 (113 B) è detto:
Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, Hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida.
Nel Vangelo secondo San Giovanni al capitolo 4 versetto 24, il Signor Gesù ci insegna:
«Iddio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».
Caro lettore, ascolta la voce di Dio e non quella degli uomini che hanno mutato la salvezza dei loro simili in un commercio; il cielo non si vende né si compra perchè Iddio lo offre gratuitamente, per la Sua grazia e per il Suo amore, a chiunque Lo voglia ricevere.
«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Giovanni 3: 16,19).
« Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui» (Giovanni 3:36).
« Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati» (Romani 3.23,25).
«Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato» (I Giovanni 1:7).
« Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore» (Romani 6:23).
Leva gli occhi, allora, verso l’unico Iddio vivente e vero attraverso nostro Signore Gesù Cristo, che è la Via, la Verità e la Vita, perchè solo per mezzo di Lui possiamo andare al Padre.
Non adorare la creazione delle mani dell’uomo, non ti piegare davanti a fantocci di gesso che forse le mie stesse mani hanno fatto.
Credi nel Signore Gesù e sarai salvato.
Non lasciarti ingannare da uomini che hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile (Rom. 1:23); non dimenticare che il cielo non si compra e non si vende e che Iddio te lo offre ora gratuitamente attraverso la fede nel Suo Figliuolo benedetto, come ti offre il perdono per i tuoi peccati attraverso la fede nel Suo sangue prezioso sparso per salvarti.
Rifletti: se tu potessi raggiungere il cielo attraverso le cerimonie religiose e le opere, allora Cristo sarebbe morto invano. Lo Spirito Santo possa convincerti e benedirti.
Arturo Arana
Ero pienamente convinto che il papa fosse il il successore di Pietro ed il vicario di Cristo. Licenziatomi in teologia, nel 1951, e divenuto prete, mi ero proposto di essere per tutta la vita un figlio devoto del romano pontefice, il"santo padre". Un buon sacerdote e' anche un grande devoto della madonna, e tale ero anch'io, propugnatore della recita del rosario, divulgatore dei messaggi mariani di Lourdes e di Fatima. Ora che conosco la Parola di Dio, so che le apparizioni mariane non sono altro che messaggi diabolici, tesi a fuorviare le anime impedendo che esse vengano a contatto con la Verita' (2°Corinzi 11:14 e 2° Tessalonicesi 2:9-12). La madonna che annunzia un altro Vangelo non ha nulla a che vedere con l'umile Maria, madre di Gesu', le cui ultime parole che troviamo scritte nel Vangelo, quasi un suo testamento, furono: "Fate tutto quel che vi dira'" (Giovanni 2:5).
Gesù disse:"Io sono la Via, la Verità, la Vita!"
La conversione a Cristo di un prete
testimonianza di Salvatore Gargiulo
Nota sull'Autore:
Salvatore Gargiulo, nato il 18.2.1928 a Sorrento, si è licenziato in teologia
nella facoltà teologica "S. Luigi" a Posillipo nel 1951 e nello stesso anno
è stato ordinato prete. E' stato in cura d'anime, ha insegnato lettere nel
seminario arcivescovile di Sorrento, e religione nelle scuole statali.
Ha predicato in molte chiese, e diverse volte nella cattedrale della sua diocesi.
Dopo il Concilio Vaticano II fu chiamato a far parte della Commissione diocesana
per l'Arte sacra e per la Liturgia, della quale era uno studioso.
PREMESSA
Poiché, quanto a noi, non possiamo
non parlare delle cose che
abbiam vedute e udite.
Atti 4:20
Mi accingo a raccontare il mio lungo cammino dall'errore al Vangelo della grazia con una grande gioia ed una profonda gratitudine a Colui che, senza alcun merito da parte mia, mi ha preso per la mano e ha diretto i passi miei, mi ha liberato dal giogo della schiavitù e mi ha condotto a sè.
Quando però penso ai ventisei anni trascorsi nella chiesa cattolica, "ho una grande tristezza e un continuo dolore nel cuor mio" (Rom. 9:2): rivedo tutti i cari amici d'un tempo, "ciechi guide di ciechi" come fui anch'io, ancora "perduti in vani ragionamenti... col cuore ottenebrato, essi che hanno mutato la gloria dell'incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile ed adorano e servono la creatura invece del Creatore..." (Rom. 1:21-25).
Queste righe non vogliono in alcun modo esprimere condanna per loro, vittime inconsapevoli di un sistema religioso costruito con grande perizia dal "principe di questo mondo". Esse sono invece un caldo invito ad investigare le Scritture, come ci sono state date da Dio attraverso i profeti e gli apostoli, non contaminate cioè dalle interpretazioni e dalle manipolazioni degli uomini, ed a lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio verso la grazia liberatrice del Vangelo di Gesù Cristo.
Certe mie espressioni sembrano troppo dure e non consone all'attuale clima ecumenico, ma sottacere la verità non giova né all'ecumenismo né a chi è ancora prigioniero dell'errore. Chi si sentisse ferito, mi perdoni e sappia che ho inteso "contristarlo secondo Iddio".
Nei confronti dei cattolici ogni cristiano evangelico potrebbe infatti far sue le parole dell'apostolo Paolo: "Il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati" (Rom. 10:1).
ERO UN GRANDE PECCATORE
...ma ora avete ottenuto misericordia.
1 Pietro 2:10
Quando testimonio che sono stato per più di ventisei anni prete cattolico romano, e che alla fine mi sono ravveduto ed ho creduto all'Evangelo, mi sento talvolta controbattere: "Il motivo di questa sua decisione sta nel fatto che lei è stato un cattivo sacerdote. Se fosse stato un buon sacerdote, avrebbe mantenuto i suoi impegni fino alla morte: il prete è sacerdote in eterno!" (vedi nota 1)
Si, è vero, dal punto di vista cattolico sono stato un cattivo sacerdote. Ma c'è di peggio. Dal punto di vista di Dio sono stato un grande peccatore! Quale membro d'una casta sacerdotale, pretendevo di essere un intermediario fra Dio e gli uomini, mentre Gesù ha dato il sacerdozio ad ogni credente (v. 1 Pietro 2:5-9). Insegnavo la devozione a Maria quale via al cielo, mentre Gesù è l'unica via (Giov. 14:6) e l'unica salvezza (Atti 4:12). Versavo alcune gocce d'acqua sulla testa d'un bambino e presumevo di farne un figlio di Dio per tutta la vita, mentre la Scrittura afferma che si diventa tali solo per il ravvedimento e la fede in Gesù Cristo (Giov. 1:12). Insegnavo a recitare il rosario ma non a leggere e ad ascoltare la Parola di Dio. Mi facevo chiamare padre (Mat. 23:9) ma ai figli che chiedevano pane, io davo pietre...
Dal punto di vista umano ed ecclesiastico avrei potuto sentirmi soddisfatto del mio stato. Ma cosa ero davanti a Dio? Nient'altro che un sepolcro imbiancato. In fondo al mio cuore sentivo un vuoto, una perenne insoddisfazione. Avvertivo la mancanza di qualcosa e ne davo la colpa alle mancanze umane della mia organizzazione religiosa, pur essendo convinto che essa fosse la vera chiesa, l'"unica depositarla della salvezza". Non mi accorgevo che ubbidendo agli uomini anziché a Dio, alle tradizioni umane anziché alla Parola, io m'ero collocato sotto la condanna divina e perciò non avevo pace. A volte durante la notte mi svegliavo di soprassalto, vedendomi già condannato all'inferno.
Ma benedetto sia il Signore, l'Iddio d'ogni consolazione, che mi ha liberato, facendomi scoprire quella verità che Egli ha rivelata con tanta chiarezza e che io non avevo mai avuta sotto gli occhi, né durante i cinque anni di studi teologici né dopo:
"Poiché è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinchè nessuno si vanti..." (Ef. 2:8-9).
Avevo posto il fondamento della mia fede su un sistema religioso creato dagli uomini, ma non avrei potuto aver pace se non in Cristo Gesù, pietra angolare e vivente (Ef. 2:19-20; 1 Pietro 2:4-10).
Note: (1) Chi conosce la Sacra Scrittura sa che queste parole profetiche del Salmo 110 si riferiscono al Cristo (v. Ebr. 4:6-10). Ma la chiesa cattolica romana, travisandone il senso, le applica ai suoi sacerdoti.
IL CAPPELLO
Prendete anche l'elmo della salvezza e la
spada dello Spirito, che è la Parola di Dio.
Ef. 6:17
Ero prete da pochi mesi. Dovendo recarmi ogni mattina a dir messa nell'istituto S. Anna delle suore d'Ivrea, a Sorrento, a tre chilometri circa da casa mia, e non essendoci un servizio di autobus, m'ero comprato una bicicletta, naturalmente da donna perché più confacente alla tonaca che indossavo. La cosa giunse alle orecchie del vicario generale della diocesi, monsignor De Martino. Costui una mattina andò ad appostarsi in un angolo della piazza Tasso, all'imboccatura della strada De Maio per dove, secondo le informazioni ricevute, io avrei dovuto passare. Appena mi vide sbucare all'altro lato della strada, andò a piazzarsi in mezzo alla carreggiata, a braccia distese e, prima che gli fossi vicino, cominciò a gridare:
- Fermati! Chi ti ha dato il permesso di andare in bicicletta e "scaruso"! (cioè senza cappello)
- Ma altrove tutti i preti vanno in bicicletta, e perfino le monache, mi azzardai a dire.
- Non è vero! Il sacerdote non va in bicicletta e porta sempre il cappello in testa!
Era così indignato da non sentire gli squilli di clacson delle auto nel frattempo sopraggiunte alle sue spalle ed alle quali sbarrava il passaggio.
Rimontai in fretta sulla bicicletta e presi la fuga.
Al di là del suo grottesco, quest'episodio mi ribadiva dei principi coi quali mi sarei spesso scontrato negli anni trascorsi nell'organizzazione religiosa romana, e che avrebbero dovuto farmi capire già allora di non trovarmi in una chiesa cristiana.
Innanzi tutto il principio della "tradizione", che spaziava da queste bazzecole fino alle più grandi eresie, presentate come dogmi di fede. Era vero, nella diocesi di Sorrento nessun prete era mai andato in bicicletta e tutti finora avevano messo la propria testa sotto il nero cappellone, io avevo violata la tradizione. Nella mia vita di prete avrei sempre incontrata la tradizione, ed io stesso l'avrei difesa - sia pure in cose più serie - quale "fonte di rivelazione" alla pari con la S. Scrittura. Dovendo giustificare tante cose sulle quali tace la Parola di Dio o che sono addirittura in contrasto con essa, sarei ricorso anch'io alle parole magiche: "la sacrosanta tradizione della chiesa!"
Qualche tempo dopo monsignor De Martino, visto che persistevo nell'andare in giro "scaruso", mi disse:
- Io capisco che il cappello ti dà fastidio quando fa caldo. Lo puoi allora portare in mano, così la gente vede che ce l'hai...
Da un lato la gerarchia, dall'altro lato la "gente", i due poli dell'ipocrisia ecclesiastica. Sarebbero dovuti trascorrere diversi lustri perché io imparassi che il servitore di Dio deve mettere sulla testa l'elmo della salvezza ed avere sempre a portata di mano la spada dello Spirito, la parola del suo Signore, sulla quale soltanto ha da regolare la propria vita.
Ma il Signore lo consideravamo lontano da noi, rinchiuso in chiesa come "divino prigioniero del tabernacolo", o come un eterno bambino nelle braccia della madre. In questa faccenda, come in tantissime altre, non pensavamo che Egli pure avesse qualcosa da dirci. Al posto di Lui c'era la gerarchia, forte della sua autorità "ricevuta da Dio", e c'era la tradizione.
Da parte mia, quantunque fossi l'ultimo valvassino di questo colossale sistema feudale, io pure avrei messo in opera la mia arroganza, perfino nei confronti della Parola di Dio... sprovvista di "approvazione ecclesiastica".
LA BIBBIA AL ROGO
... distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole.
2 Tim. 4:4
Nel 1954 divenni parroco di Trasaella, una frazione del comune di S. Agnello. Mia preoccupazione fu quella di far osservare tutte le "leggi e le prescrizioni della chiesa". Mi piaceva che i riti sacri si svolgessero con ordine e decoro, ma non mi preoccupavo di sapere se quelli che vi partecipavano fossero "nati di nuovo", accontentandomi di una formale religiosità.
Un giorno un ragazzo mi disse che la sua famiglia possedeva una Bibbia "protestante". Ora il Codice di Diritto Canonico (libro che nel cattolicesimo ha più autorità della Bibbia stessa) prescrive chiaramente come comportarsi in un caso del genere. Ricordavo ancora che quando ero bambino avevo sentito il mio parroco parlare di una Bibbia buona e di una Bibbia che sarebbe stata falsificata dai protestanti. Il buon uomo spiegava che se ci fosse capitata per le mani una Bibbia, bisognava assicurarsi che essa nelle prime pagine recasse l'"imprimatur", cioè l'approvazione dell'autorità ecclesiastica. Mancando questa, il libro si sarebbe dovuto subito bruciare. Fu quanto fece quella famiglia, ubbidendomi. Né mi preoccupai di sostituire la Bibbia "cattiva" con una "buona" per farla leggere.
A quel tempo nella chiesa romana si parlava molto delle rivelazioni fatte dalla madonna a Fatima, in aggiunta a quelle di Lourdes. Su di esse si basava anche la mia predicazione, convinto com'ero che il mondo si sarebbe salvato ed avrebbe conosciuto un'era di pace quando fosse stato consacrato al "cuore immacolato di Maria", come era stato promesso nelle apparizioni di Fatima... (v. Gal. 1:8 e 2 Cor. 11:14). Per la salvezza del mondo io raccomandavo altresì la recita del "santo rosario". Negli inni mariani, gli unici quasi che si cantavano nelle nostre chiese, si affermava:
Andrò a vederla un dì, in cielo patria mia,
Andrò a veder Maria, mia gioia e mio amor...
Oppure:
O bella mia speranza, dolce amor mio Maria,
Tu sei la vita mia, la pace mia sei tu!
Oppure ancora:
Quando penso alla mia sorte, che son figlio di Maria,
Ogni affanno, o madre mia, s'allontana allor da me.
E tanti altri, tutti nello stesso stile. Se Maria aveva preso il posto di Dio, fino a farlo scomparire, quale importanza poteva avere la Parola di Lui?
A volte i fratelli evangelici oggi mi domandano: "Ma com'è possibile che i preti sostengano tali errori; non è molto chiara la Bibbia? Come la leggono?" E' difficile comprendere la cecità spirituale del clero cattolico, se non si tiene presente quella realtà rappresentata dai "dominatori di questo mondo di tenebre" (Ef. 6:12).
Hal Lindsey ha scritto: "Satana adora la religione. E' il suo asso di briscola per renderci ciechi alla verità. Egli è il dio di tutti quelli che non seguono Gesù Cristo. Tutti quelli che adorano in qualunque forma religiosa che non tiene primariamente conto di Cristo (o che ne tiene conto solo in apparenza, come fa il cattolicesimo romano) in definitiva si ingannano".
Potrei riferire moltissimi esempi a dimostrazione del fatto che per l'istituzione cattolica romana le espressioni così spesso ripetute nella sua liturgia a proposito della Bibbia: "parola di Dio", "parola del Signore", rimangono pura teoria.
In realtà innumerevoli dottrine di origine pagana o filosofica si sono aggiunte e poi sostituite alla sua fede biblica primitiva, dando vita ad un sincretismo filosofico-religioso, la cui espressione più caratteristica si trova nella "Summa Theologica" di Tommaso d'Aquino. Il tomismo è appunto la regola occulta della dottrina della chiesa romana ed è su di esso che si basa la formazione teologica dei preti.
Non ci sorprende quindi se ai cattolici, fin dai primi anni, s'insegna che Iddio è un padre severo, ma che vicino a Lui c'è una tenera madre che ci difende e ci protegge se ci affidiamo a lei, che i santi sono i nostri avvocati e protettori e che abbiamo bisogno della loro raccomandazione per ricevere le grazie, ecc. Di fronte ad un tale castello di ragionamenti umani e di menzogne non si può fare a meno di esclamare: "Un nemico ha fatto questo" (Mat. 13:28)!
Durante i miei cinque anni di formazione nella Facoltà teologica di Posillipo quasi mai ebbi bisogno di aprire la Bibbia. Al suo posto, per provare le famose cento tesi per la licenza in teologia, si doveva avere continuamente fra le mani l'"Enchiridion Symbolorum", più conosciuto come "il Denzinger", dal nome del suo compilatore, raccolta di documenti del "magistero infallibile della chiesa cattolica". Non imparammo a memoria una sola citazione biblica, ma in compenso centinaia di numeri del Denzinger!
Alla fine del terzo anno di teologia, con l'ordinazione al suddiaconato, ci fu messo fra le mani il breviario, una specie di "minestrone" composto di salmi e di qualche altra lettura biblica, brani di padri e dottori della chiesa, vite di santi, il tutto in latino, da recitare ogni giorno per lo spazio di un'ora e mezza circa, sotto pena di "peccato mortale". Quest'obbligo, che si assolveva in tutta fretta, spesso al termine della giornata, toglieva ogni gusto alla vera preghiera, e soprattutto il desiderio di abbeverarsi alla pura fonte della Parola di Dio.
Forse oggi si legge di più la Bibbia nelle scuole teologiche e nelle varie associazioni cattoliche. Ma, ahimè!, il più delle volte si tratta di una lettura in chiave liberale, razionalistica o politica: Bultmann s'è seduto in cattedra a fianco di Tommaso d'Aquino, ed anche questo è ecumenismo! Negli anni '60 la teoria della "demitizzazione" aveva contaminato anche me... Ma anche da quest'oltraggio alla purezza della sua Parola il Signore mi avrebbe liberato.
LA PAZIENZA DI DIO
... e ritenete che la pazienza del Signor nostro è per la vostra salvezza.
2 Pietro 3:15
Il Signore misericordioso ha usato una grande pazienza con me, se ha dovuto impiegare tanti anni per convincermi. Pensando a Rom. 8:28, mi accorgo che tante cose hanno cooperato al mio bene, e di esse s'è servito Iddio per guidarmi verso la luce.
Dopo un primo decennio di ottusa cecità, cominciai a provare una certa simpatia per gli evangelici. Ero convinto che essi, uscendo dalla chiesa cattolica romana, si erano allontanati dalla "pienezza della verità", ma ammiravo la loro coerenza (per sentito dire, giacché non ne avevo mai incontrati) ed il loro amore per la S. Scrittura. Li consideravo "fratelli separati" ed ogni anno organizzavo la settimana di preghiere "pro unione", per chiedere a Dio il loro ritorno, cioè il ricostituirsi di un unico gregge sotto un solo pastore (il papa!). Era la concezione romana dell'ecumenismo. Divenni anche uno zelante propagatore di una "Lega di preghiere per l'unione dei cristiani".
Ma a volte il Signore concede proprio il rovescio di quanto Gli chiediamo. Io pregavo che le "sette" protestanti ritornassero pentite alla chiesa del "vicario di Cristo", ed in risposta il Signore ne avrebbe fatto uscire anche me, facendomi trovare nei cristiani evangelici i veri fratelli in Cristo. Alleluia!
Intanto s'era svolto il Concilio Vaticano II. Per anni avevo sperato che questo evento portasse un rinnovamento evangelico nell'organizzazione romana, della quale ora vedevo tutte le carenze, anche se mi ostinavo a credere che essa fosse l'unica vera chiesa. Ma dopo tante parole e cerimonie teatrali, tutto s'era risolto in qualche cambiamento superficiale e senza conseguenze per la vita spirituale. La stessa lettura della Scrittura, fatta ora nella lingua del popolo, continuava a scendere sull'indifferenza e sull'apatia d'una massa inconvertita, presente nei luoghi di culto "perché s'è fatto sempre così", per convenienza sociale o per "soddisfare al precetto festivo". Del resto, da parte di una gerarchia non voluta da Dio, preoccupata solo di conservare i propri privilegi in base ad una presunta successione apostolica, non poteva venire alcun sostanziale rinnovamento. (vedi nota 2)
Il mio interesse per le chiese evangeliche cresceva, alimentato anche qualche trasmissione radio-televisiva, che seguivo con attenzione, ma soprattutto cominciavo a scoprire la Sacra Scrittura, anche se non la leggevo regolarmente e se subivo l'influsso delle nuove teologie.
Nell'agosto del 1975 fui a Firenze per la Settimana Liturgica Nazionale. Una mattina mi trovai a passare davanti alla libreria evangelica di via Ricasoli. Vi entrai, e dopo un poco i miei occhi caddero su un libro: "Il Cattolicesimo Romano alla Luce delle Scritture" (U.C.E.B. Roma), che acquistai.
Nella scuola media di Sorrento, dove insegnavo religione, c'era un professore di lettere, Edoardo Salmeri, che pure cercava la verità ed era deluso del cattolicesimo. Gli prestai quel libro, che lesse tutto d'un fiato; dopo un poco egli si convertiva al Signore. Per me ci vollero ancora due anni. La luce penetrava a poco a poco nella mia mente, però le eresie cattoliche cadevano l'una dopo l'altra sotto i colpi possenti della "spada dello Spirito, che è la Parola di Dio" (Ef. 6:17). Ormai ero certo che solo le chiese fedeli alla Scrittura potessero chiamarsi cristiane.
Nell'organizzazione romana io avevo "adorato e servito la creatura invece del Creatore". A parte la mariolatria ed il culto dei santi e delle "anime del purgatorio", quante volte avevo predicato sulla necessità dell'obbedienza al papa ed alle sue parole! Mi ritenevo privilegiato perché da seminarista avevo potuto inginocchiarmi davanti al "dolce Cristo in terra" e baciargli il "sacro anello". Erano gli anni in cui nel seminario e nei raduni dell'Azione Cattolica ci facevano cantare:
Bianco padre, che da Roma
Ci sei meta, luce e guida,
In ciascun di noi confida,
Su noi tutti puoi contar.
Siamo arditi dalla fede,
Siamo araldi della croce.
Al tuo cenno, alla tua voce,
Un esercito ha l'altar.
Oppure:
Sempre col papa,
fino alla morte,
Che bella sorte,
che bella sorte...
Allora conoscevo così poco Gesù da non avvertire lo stridente contrasto fra Lui, povero, perseguitato ed ucciso, ed il suo presunto vicario, capo di uno stato minuscolo ma finanziariamente e politicamente potente, onorato e protetto dai grandi di questo mondo.
Il mezzo televisivo contribuiva a rendere popolare la figura del "santo padre" (v. Mat 23:9). Anch'io restavo per ore davanti al televisore a guardare le folle "oceaniche" che venivano da tutto il mondo per guardarlo affacciarsi ad una finestra del suo palazzo, i riti pagani che si svolgevano nella basilica di S. Pietro ed i vari "pellegrinaggi di pace" compiuti da quell'uomo. Oh!, se non fosse intervenuto il Signore, ora mi troverei anch'io fra tutti quelli che vengono manipolati e preparati ad "adorare un'immagine" per bere poi del vino dell'ira di Dio (Ap. 14:9-11)!
Era la notte di Natale del 1976. M'ero seduto davanti al video per guardare la messa natalizia trasmessa dalla basilica di S. Pietro. Il rito ebbe inizio con l'antifona "Puer natus est nobis..", cantata dal coro della cappella sistina. Erano le bellissime parole di Isaia 9:5: "Un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato, e l'impero riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace..."
Contemporaneamente nella navata centrale avanzava lentamente la sedia gestatoria sulla quale sedeva, in ricchi paludamenti, sua santità Paolo VI. Il coro cantava una profezia che si riferiva a Cristo, ma i "fedeli" applaudivano ed acclamavano non Lui, bensì un uomo. Quell'uomo sarebbe stato il polo di attrazione durante tutto il "santo sacrificio". Ancora una volta si adorava e serviva la creatura invece del Creatore.
Ma questa volta lo Spirito di Dio mi faceva percepire tutto l'orrore di quella idolatria e me ne faceva dissociare. La gente, presa da un isterico fanatismo, continuava a battere le mani; povere monache, gente di ogni razza ed età, lo guardavano estasiati; i più vicini alle transenne tendevano le braccia nel tentativo di toccarlo.
Mi alzai indignato e me ne andai a letto, pensando con riconoscenza al mio Salvatore. Alcuni mesi dopo il Padre celeste, il vero Santo Padre, mi avrebbe finalmente tirato fuori dalle tenebre di quel paganesimo.
Note: (2) Pastor, autore della monumentale "Storia dei Papi", ha chiamato la successione papale dall'apostolo Pietro "il più grande falso della storia".
VINO NUOVO IN OTRI NUOVI!
Uscite da essa, o popolo mio, affinchè non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe.
Ap. 18:4
Ormai mi consideravo evangelico, ma non sapevo come e quando sarei uscito da quella "religione". La mia predicazione era diventata biblica, e pensavo di poter aiutare il cattolicesimo dal di dentro. Ma questa è una delle ultime astuzie del nemico per frenare chi ha scoperto l'Evangelo: tranquillizzarne la coscienza, suggerendogli di mettere il vino nuovo negli otri vecchi. Come poteva essere biblica la mia predica, quando parlavo circondato da idoli d'ogni forma e dimensione? La volontà di Dio è chiara: "Non vi mettete con gl'infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v'è fra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione fra la luce e le tenebre?... E quale accordo fra il tempio di Dio e gl'idoli?... Perciò uscite di mezzo a loro e separatevene... ed io vi accoglierò" (2 Cor. 6:14-18).
Il nostro Dio non fa rattoppi su un vestito vecchio. Egli fa ogni cosa nuova (Ap. 21:5), ed a partire da Gen. 12:1 fino ad Ap. 18:4 il comando dell'Eterno è sempre quello di andar via, di uscire. Io m'indugiavo, come Lot, ma il Padre aveva già da anni preparato il piano per vincere i miei ultimi indugi.
Scrissi una lettera al vescovo per informarlo della mia conversione, Lo pregai di cancellare il mio nome dall'elenco dei suoi "sacerdoti", "avendo io deciso di ubbidire allo Spirito Santo che mi chiamava a servire Iddio in ispirito e verità nella chiesa evangelica".
Ebbi in risposta un biglietto, nel quale l'uomo si diceva pronto a volermi aiutare (!), e m'invitava a recarmi da lui (ma non dovrebbe essere il pastore ad andare in cerca della pecora smarrita?). Mi ricordava anche che l'8 luglio 1951 io avevo promesso, secondo la formula del rito, al vescovo che mi ordinava prete ed ai suoi successori "riverenza ed ubbidienza".
Ancora una volta l'uomo pretendeva di sostituirsi a Dio. Non andai da lui; era evidente che il nostro sarebbe stato un dialogo fra sordi. Questo accadeva nel mese di settembre del 1977.
Il 1° dicembre dello stesso anno io e Ruth, una ragazza evangelica svizzera, ci sposavamo civilmente nella casa comunale di Bacoli (Napoli) ed il 10 dello stesso mese con rito religioso nella suggestiva antica chiesa protestante di St. Légier, sul lago Lemano (Svizzera).
Il 6 dicembre dell'anno successivo il Signore ci donava il nostro primogenito, Ismaele (= Iddio ascolta).
EPILOGO
... la condurrò nel deserto, e parlerò al suo cuore.
Osea 3:14
Dopo che l'Iddio vivente era intervenuto palesemente nella mia vita (anche con altri segni che sarebbe lungo narrare), seguì il tempo del deserto e della prova. Ero diventato "un estraneo ai miei fratelli, e un forestiero ai figliuoli di mia madre" (Sal. 69:8). Il Signore m'aveva fatto uscire fuori dal campo e m'invitava ad andare da Lui, portando il suo vituperio (Ebr. 13:13).
Quale compito avrei svolto nella sua vigna? Il mio ardente desiderio era quello di lavorare esclusivamente per Lui e per il suo Evangelo, che ora finalmente avrei potuto annunciare in tutta la sua purezza e integrità. Ma, guardandomi intorno, non vedevo nessuno che fosse disposto ad accompagnarmi ed a guidarmi nei primi passi, tranne la compagna che Dio m'aveva data.
Ma anche questo era nel piano di Dio, e perciò Gli rendo grazie. C'era il pericolo infatti che io, abituato com'ero stato per tanti anni a dipendere dagli uomini, dai "superiori", m'aspettassi anche adesso una soluzione da parte degli uomini. Il Padre voleva invece che io imparassi a dipendere in tutto e per tutto da Lui, a rispettare i suoi tempi, ad accordarGli piena fiducia, ed a "guardare a Gesù, autore e compitore della nostra fede" (Ebr. 12:2). Egli voleva anche mettere alla prova il nostro proposito, suggerito da Ruth già prima che ci sposassimo, di vivere per fede. Per ogni bisogno materiale Egli fu fedele ed intervenne al momento giusto. Questi due anni di deserto furono per me un periodo benedetto di tirocinio presso il grande Maestro.
Nel settembre 1979 partimmo per la Svizzera, dove avremmo attesa la nascita della nostra secondogenita, Sefora. Anche questa volta avevamo sofferta una grande delusione da parte degli uomini. Ma Iddio si servì di quella sosta forzata in Svizzera per la nascita della bambina, che chiaramente Lui aveva voluto darci, per parlare ancora al mio cuore e farmi capire la sua volontà: che io tornassi nella mia terra, per testimoniare la sua grazia dove avevo seminato l'errore.
Dalla Svizzera ripresi i contatti col fratello Mosè Baldari. Per la seconda volta il Signore mi guidava verso questa missione, che Egli m'aveva già fatta conoscere nel giugno del '79. Dalla radio avevo saputo allora che a Vico Equense, nella penisola sorrentina, si sarebbe svolto un convegno evangelico. Mi ci ero recato nel giorno dell'inaugurazione, ed ero stato subito circondato dall'amabilità e dalla simpatia di fratelli di diverse nazionalità. Mi ero recato lì solo per ascoltare dei messaggi cristiani ed essere un po' tra fratelli di fede, ed invece avevo ricevuto l'invito a lavorare per il Signore col sostegno e l'appoggio di questa missione. Ma in quel tempo avevo già una promessa di lavoro da parte di un editore del Nord, e perciò non avevo dato una risposta affermativa. Più tardi però Iddio mi faceva trovare chiusa la porta di quella casa editrice e quindi m'indicava chiaramente dove mi voleva.
In occasione della Conferenza Missionaria Europea di quel giugno del '79 io avevo potuto realizzare ciò che da tempo desideravo: il battesimo. Fui battezzato la mattina del 29 giugno, nel mare che bagna la mia terra. Fu un evento che non dimenticherò mai e che anche ora mi colma di gioia. Tanti miei ex colleghi avevano già lasciato il "sacerdozio", conservando però gli errori del cattolicesimo romano. Io ero il primo, nella mia penisola, a testimoniare che per grazia divina m'ero convertito all'Iddio vivente.
Ogni giorno che passa sono sempre più felice per la mia scelta, anzi per essere stato scelto dal nostro grande Iddio e Salvatore Cristo Gesù, e per essere stato così meravigliosamente guidato da Lui.
Il mio unico desiderio ora è che la sua Parola si spanda e sia glorificata (2 Tess. 3:11), "affinché in ogni cosa sia glorificato Iddio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e l'impero nei secoli dei secoli. Amen." (1 Pietro, 4:11).
(Testimonianza tratta dall'opuscolo della Missione Italiana Per L'Evangelo - C.P. 1523 - Firenze)